di Marco Valsecchi
Milano, 27 apr. (LaPresse) – In un quadro globale di robusta crescita, ma anche a fronte di un contesto nazionale dove la situazione delle famiglie si presenta solida, quella delle famiglie gode della ripresa e quella delle banche migliora di pari passo col crescere della redditività e della qualità del credito, a rendere l’economia italiana vulnerabile “a forti tensioni sui mercati finanziari e a revisioni al ribasso delle prospettive di crescita” è un problema ormai più che noto: quello dell’alto livello di debito pubblico. A portare ancora una volta sotto i riflettori questo tema è la nuova edizione del ‘Rapporto sulla stabilità finanziaria’ diffuso oggi dalla Banca d’Italia.
Nel 2017, segnala in proposito la banca centrale, è proseguito il miglioramento delle finanze pubbliche. Il debito in rapporto al prodotto si è però ridotto solo marginalmente, al 131,8%, rimanendo elevato sia nel confronto internazionale sia rispetto al passato. Di conseguenza, il campanello d’allarme non può smettere di suonare. Anche se – e questo è un dato positivo – secondo Palazzo Koch l’impatto di un eventuale rialzo dei tassi d’interesse sul costo medio dei titoli di Stato sarebbe ridotto dall’elevata vita media residua dei titoli stessi.
Venendo a un altro osservato speciale, il comparto bancario, come si è detto la situazione descritta da Bankitalia è di miglioramento. Sia dal punto di vista dei deteriorati, coi flussi tornati sui livelli precedenti la crisi finanziaria e il peso degli Npl nei bilanci in forte riduzione soprattutto per chi ha effettuato ingenti operazioni di cessione, sia per quanto riguarda la redditività degli istituti di credito. Anche qui, però, ci sono aspetti sui quali lavorare. Da una parte perché il fardello dei deteriorati rimane elevato per diversi intermediari, dall’altra in vista dell’imminente introduzione del requisito del Mrel nell’ambito della direttiva Ue sul risanamento e la risoluzione delle banche, che dovrebbe spingere ulteriormente gli istituti ad ampliare i ricavi e ridurrei i costi operativi per assorbire un’eventuale incremento rilevante del costo della raccolta.
Le stime sui costi associati alla quantità minima di fondi propri e passività soggette a bail-in richiesta (il minimum requirement for own funds and eligible liabilities), si legge nel rapporto, sono molto incerte. Analisi della stessa Bankitalia, al momento, indicano che – alla fine di un periodo di transizione ipotizzato di tre anni – le banche italiane significative potrebbero registrare una carenza aggregata di passività idonee tra i 30 e i 60 miliardi di euro, a seconda del grado di subordinazione del requisito tuttora in discussione.