CASTEL VOLTURNO – Si riapre in Corte d’assise d’appello a Napoli una delle pagine più drammatiche della cronaca del litorale: il delitto del barbiere Luigi Izzo, ucciso nella notte tra il 5 e il 6 novembre 2022 davanti alla sua abitazione in via Papa Roncalli. A giudizio, come in primo grado, Alessandro Moniello (nel tondo a sinistra) e il figlio Roberto (nel tondo a destra), accusati di aver accoltellato il 38enne barbiere dopo una rissa scoppiata poche ore prima in un locale della Domiziana. In primo grado la Corte d’assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, aveva inflitto l’ergastolo al padre e 24 anni di reclusione al figlio. Le parti civili, assistite dall’avvocato Ferdinando Letizia, avevano accolto la sentenza come un atto di giustizia: “Luigi non tornerà più, ma ai miei figli potrò dire che abbiamo vinto”, aveva detto commossa la moglie, Federica Sautto. Adesso, però, a distanza di quasi tre anni da quella notte di sangue, la vicenda processuale vive una svolta inattesa.
Ieri, nel corso della prima udienza d’Appello, entrambi gli imputati hanno ammesso di aver colpito Izzo, abbandonando la linea difensiva sostenuta fino a poco tempo fa, secondo la quale sarebbe stato solo Alessandro ad accoltellare la vittima. Una confessione che cambia lo scenario processuale e che, con ogni probabilità, punta a ottenere uno sconto di pena. I loro legali, inoltre, hanno rinunciato ai motivi di appello. Il delitto di Luigi Izzo maturò nel giro di poche ore. Tutto ebbe origine da una rissa scoppiata nel bar Duepuntozero Café, tra il fratello della vittima, Orlando Izzo, e due commercianti del posto. In quella lite intervenne anche Roberto Moniello, che si trovava nel locale per festeggiare il suo compleanno.
Durante la colluttazione rimediò la lesione di un dito e la rottura degli occhiali. Luigi cercò di calmare gli animi, promettendo persino di risarcire i danni pur di chiudere l’incidente. Ma la pace durò poco. Secondo le indagini coordinate dal sostituto procuratore Annalisa Imparato, padre e figlio, informati dell’accaduto, si misero sulle tracce del barbiere. Lo raggiunsero davanti a casa e lo affrontarono. In pochi
istanti la discussione degenerò. Izzo venne colpito con svariate coltellate, due delle quali dirette al cuore. Nonostante i tentativi di soccorso della moglie, il 38enne morì poco dopo all’ospedale Pineta Grande. Alessandro Moniello, meccanico, si costituì spontaneamente poche ore
dopo, raccontando ai carabinieri di aver agito da solo e di aver temuto che il barbiere impugnasse un’arma. Una versione però smentita dalle
analisi medico-legali: le ferite riportate da Izzo erano state inferte con due coltelli diversi, prova che a colpire furono almeno due mani.
La Procura sammaritana aveva disposto esami sui cellulari, rilievi del Dna e test con il luminol sull’auto dei Moniello, trovando tracce ematiche compatibili con il sangue della vittima anche sugli abiti di Roberto. Una delle lame usate per l’aggressione fu recuperata
lungo la strada provinciale che collega Castel Volturno a Cancello ed Arnone. Gli avvocati Giuseppe Guadagno e Gaetano D’Orso, difensori dei Moniello, avevano sostenuto in primo grado che si trattò di un ‘malinteso tragico’, un gesto d’impeto originato da un errore di persona. Ma la Corte ritenne pienamente provato il concorso nell’omicidio volontario, condannando entrambi.
Ieri, davanti ai giudici partenopei, i due imputati hanno ribaltato la loro posizione: non più la difesa a oltranza, ma un parziale riconoscimento delle responsabilità. Una mossa che potrebbe rientrare in una strategia per alleggerire le pene, ma che ha anche riportato alla memoria la brutalità di quella notte e il dolore dei familiari della vittima, presenti in aula. Il processo di secondo grado riprenderà nelle prossime settimane con le arringhe difensive e la requisitoria del sostituto procuratore generale. In quell’occasione, la Corte d’assise d’Appello dovrà decidere se confermare le condanne inflitte a Santa Maria Capua Vetere o se riconoscere attenuanti tali da rideterminare le pene. Per ora resta l’amara certezza di un dramma nato da una banale lite, degenerato in un delitto efferato che ha distrutto due famiglie: quella di Luigi Izzo, che ha per- so un marito e un padre, e quella dei Moniello, travolta da una spirale di violenza e colpa.