BARCELLONA – Sangue e paura. L’attacco terroristico subito nell’agosto del 2017, nella comunità catalana, è un ricordo ancora vivo. E i media spagnoli, a dodici mesi di distanza dalla tragedia, sono convinti che la ‘mente’ di quella barbarie sia ancora a piede libero.
Libero di girare in Europa
La persona che progettò il raid cambia Paese con regolarità. Continuerebbe a tenere contatti con altri gruppi radicali. Le agenzie di informazione spagnola (che stanno seguendo il caso) non danno informazioni sull’età o la nazionalità del terrorista. Non è chiaro, per ora, neppure se abbia mai vissuto in Spagna. La mente avrebbe progettato attentati anche contro lo stadio di Barcellona, il Camp Nou, la Sagrada Familia, e la Tour Eiffel a Parigi. Ma la morte di tre terroristi, mentre preparavano gli esplosivi nel loro covo, portò il commando a cambiare obbiettivo. I sei terroristi rimasti optarono per l’attacco alle Ramblas e a Cambrils. Prima di essere uccisi dalla polizia, trasformando un furgoncino in una scheggia impazzita, assassinarono 16 persone ferendone 140.
Nel covo morì anche l’imam Abdelbaki Es Satty, capo della cellula e che le forze di sicurezza ritengono fosse in contatto con la mente degli attacchi, che in quel momento si trovava in una città dell’Europa centrale.
La vicenda non è ancora chiusa
Il tempo in Catalogna si è fermato alle 16 e 50 di quel maledetto giovedì. Il furgone entrò a folle velocità nella zona pedonale delle Ramblas investendo chiunque si trovasse sul suo passaggio. Poi l’uomo che lo guidava, il 22enne marocchino Younes Abouyaaqoub, scese dal mezzo e accoltellò un passante, per poi darsi alla fuga, salvo essere scovato e ucciso qualche giorno dopo in un conflitto a fuoco con la polizia a Cambrils.