BARI (Domenico Cicalese) – Si allarga a vista d’occhio l’inchiesta che un mese fa ha portato agli arresti per presunte infiltrazioni del clan Capriati nella cooperativa che gestiva alcuni servizi all’interno del porto. La Procura di Bari, infatti, adesso indaga anche per truffa ai danni dell’Autorità portuale. E sono in tutto dieci le persone indagate per assenteismo al porto di Bari.
L’assenteismo dei vigilantes
Incontri tra pregiudicati fuori dallo scalo barese durante il turno di lavoro. Nel mirino del pubblico ministero antimafia Isabella Ginefra, che coordina le indagini degli agenti della Squadra mobile, è finita anche l’attività di una decina di soci della Cooperativa Ariete. Queste persone sono ritenute dagli inquirenti affiliate al clan che ambiva a rinascere dalle sue ceneri, proprio mettendo le mani sul porto.
C’era chi, durante i turni di servizio all’interno dello scalo barese, si assentava per ragioni personali. E chi, stando alle indagini, durante il turno di servizio commetteva reati anche all’interno del porto. In pratica, secondo l’accusa, c’era chi timbrava il cartellino e anziché occuparsi di vigilanza e sicurezza, faceva altro: attività illecite o quantomeno presunte tali. E’ tutto ancora da verificare.
L’organizzazione del clan Capriati
“I Capriati – si legge nell’impostazione accusatoria – hanno utilizzato il porto di Bari per incontrare, in assoluta sicurezza, soggetti pregiudicati con i quali condividere gli stessi interessi illeciti. Questo nonostante tutta l’area dello scalo marittimo fosse rigidamente preclusa a chiunque non avesse specifico titolo per farvi accesso”. Ed è in queste circostanze, dunque, che entrerebbero in gioco i 10 vigilantes finiti nel calderone dell’inchiesta. La cooperativa Ariete subentrò nel 2014 alla Porti Levante Security con 44 dipendenti, 26 dei quali ritenuti imparentati o affiliati al clan di Bari Vecchia.