BITONTO (Bari) – Scontri armati a Bitonto (Bari) per il controllo delle piazze della droga, spaccio organizzato in maniera aziendale con stipendi, bonus, palazzine e roccaforti con portoni blindati. Sistemi di videosorveglianza per controllare attività e presenze scomode, sul modello di Scampia (Napoli).
Tra Bari e Bitonto 43 arresti, di cui 34 in carcere, per associazione finalizzata al traffico di droga, con l’aggravante del metodo mafioso, nell’inchiesta Market Drugs della Dda barese in cui gli indagati sono 52. L’inchiesta – stando a quanto si legge nell’ordinanza eseguita dalla polizia – è partita dopo l’uccisione a colpi di pistola di una sarta di 84 anni, Anna Rosa Tarantino, il 30 dicembre 2017, nel centro storico di Bitonto, terreno di scontro per lo spaccio tra 2 gruppi, uno facente capo a Domenico Conte, detto Minn u negr e l’altro a Francesco Colasuonno detto Ciccio Cipriano. Per l’omicidio, la Cassazione di recente ha disposto l’annullamento con rinvio nei confronti degli imputati, tra i quali Domenico Conte a cui è contestato il ruolo di capo. Suo braccio destro sarebbe stato Mario D’Elia. Secondo l’accusa, il gruppo sarebbe stato una diramazione del clan di stampo mafioso Capriati di Bari.
“La realtà evidenziata dall’indagine in qualche modo ripropone l’immagine vista in altre zone italiane: enclave fortificate, caratterizzate dalla presenza di un sistema di difesa che rende difficile intervenire in flagranza di reato”, ha detto il prefetto Francesco Messina, direttore centrale anticrimine della Polizia di Stato. “Il capo controllava da remoto ogni attività”, ha aggiunto sottolineando che la criminalità in Puglia sia effervescente. La visione delle immagini era possibile anche sui telefonini.
Due i fortini di spaccio: “Quartier generale, la Zona 167 in via Pertini, protetta da portoni blindati; l’altra di nuova costituzione con l’apporto di scissionisti, nel centro storico di Bitonto, in cui era operativo il gruppo rivale Cipriano, conosciuta come piazza del Ponte dove l’avvio venne dato con fuochi d’artificio”, si legge nell’ordinanza. Stando a quanto emerso anche dalle dichiarazioni di 5 aspiranti pentiti, l’organizzazione era “aziendale”, con turni e stipendi. Pagamento ogni venerdì, nella sede in via Pertini, e a provvedere era il capo: da 300 a 500 euro per le vedette, attività a basso rischio, mille allo spacciatore, 1.500 euro alle guardie armate sui tetti e al responsabile della piazza che si occupava anche dei rifornimenti, per il quale poteva esserci un bonus mensile fino a 5mila euro. Gratifiche in denaro, bottiglie e panettoni per le festività. Il gruppo avrebbe guadagnato da 20 a 30 mila euro al giorno, riuscendo a smerciare mensilmente 30/40 chili di droga tra cocaina, hashish, marijuana e amnesia, “un’erba che ti fulmina il cervello”, si legge in una conversazione intercettata e riportata nell’ordinanza. La contabilità era tenuta su post-it indicando la droga con numeri da 1 a 7. Canali di rifornimento a Bari nei quartieri Madonella e Japigia e Terlizzi (Bari).
“Lo Stato ha riconquistato il territorio”, ha sottolineato il procuratore capo di Bari, Roberto Rossi. “Una scossa a questa bandiera bianca di fronte alla mafia della droga che sventola da troppo tempo”, ha detto il vicepresidente di Avviso Pubblico, associazione di enti locali e Regioni contro le mafie Michele Abbaticchio, sindaco di Bitonto. “Dobbiamo impegnarci per fermare un commercio del sangue dei nostri figli che abbatte soprattutto al Meridione le speranze di un Paese unito”, conclude Abbaticchio.
(LaPresse)