BARI – Il sequestro di beni del valore di un milione di euro, nell’ambito della normativa antimafia, disposto dal tribunale di Bari su proposta del procuratore capo e del questore del capoluogo pugliese, è stato eseguito nei confronti di Eugenio e Giovanni Palermiti, padre e figlio, ritenuti personaggi di primo piano dell’omonimo clan di stampo mafioso attivo nella città.
Nel decreto – di cui LaPresse ha preso visione – il tribunale di Bari (sezione III in funzione di tribunale della prevenzione) ha sottolineato la “pericolosità sociale” che “giustifica l’irrogazione della misura di prevenzione del sequestro ai fini della confisca” e ha evidenziato che per entrambi “il tenore di vita” sia tale da ritenere che vivano “abitualmente, anche in parte con proventi di attività delittuose”.
Con riferimento a Eugenio Palermiti, il tribunale ha rimarcato che la “pericolosità sociale si manifesta in un’epoca in cui era ancora minorenne” e che la valutazione “abbraccia un consistente arco temporale” che arriva “sino ai nostri giorni”. Dimostra – si legge – “attitudine al traffico di stupefacenti e “pur non svolgendo alcuna attività lavorativa, a fronte di insussistenti redditi nel corso del tempo arriva a disporre di beni assolutamente non giustificabili con la provenienza lecita, tanto a essere destinatario di misura di prevenzione personale e patrimoniale nel 2001, quando viene riconosciuta la sua posizione verticistica nell’organizzazione mafiosa denominata clan Parisi-Palermiti”.
“La recente decisione di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui Domenico Milella, ex braccio destro di Eugenio Palermiti, di fornire notizie in merito agli attuali assetti geo criminali del quartiere Japigia di Bari, ha disvelato come il clan affermasse la propria supremazia dell’ambito dell’organizzazione mafiosa operante del capoluogo pugliese, ricoprendo il grado di ‘nona’”. Quanto a Giovanni Palermiti, “ricopre il grado di settima nell’organizzazione criminale, stabilmente inserito nel traffico di stupefacenti”.
(LaPresse)