BARI – Ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari con le accuse di violenza a pubblico ufficiale e calunnia per il presidente dell’Unione nazionale dell’Arma carabinieri (Unac), autodefinitasi sindacato, ma non riconosciuta dal ministero della Difesa e non riconducibile ai carabinieri.
Il presidente dell’Unac, Antonio Savino, era stato già posto ai domiciliari il 6 novembre scorso per calunnia in relazione a condotte poste in essere durante una manifestazione il 31 maggio scorso, davanti alla sede del Palazzo di Giustizia e del Comando legione carabinieri, pubblicata anche sul web.
“Con la nuova misura del gip che accoglie la richiesta del pm, all’esito degli approfondimenti investigativi condotti dal Nucleo Investigativo e dalla Sezione di Pg – Aliquota carabinieri di Bari, vengono contestate a Savino nuove responsabilità penali a seguito dell’iniziativa intrapresa il 20 settembre scorso, dinanzi alla sede del Tribunale di Bari, in via Dioguardi”, spiega la procura di Bari in una nota, “In quella circostanza, infatti, spalleggiato da un’altra persona che teneva una telecamera, Antonio Savino, munito di microfono, aveva avvicinato il personale appartenente dell’Associazione Nazionale Carabinieri che si accingeva a entrare nel Palazzo di Giustizia per svolgere attività di volontariato”, prosegue la nota.
“Con atteggiamento ritenuto dal giudice intimidatorio, aveva invitato le persone da lui avvicinate a non entrare, usando comportamenti decisi ed inequivocabili nei confronti di un appartenente alla Polizia di Stato, richiamato dal suo comportamento, sostenendo che doveva arrestarli seduta stante.
Dall’analisi del video postato sui social network dallo stesso Savino, si colgono chiaramente le parole pronunciate ad alta voce con le quali intima alla polizia di arrestare un appartenente dall’Associazione Nazionale Carabinieri, accusandolo falsamente di fare uso di segni distintivi contraffatti, reato, tra l’altro, per il quale Savino risulta imputato in un altro procedimento penale”, spiega la nota della procura. “Al fine quindi di influenzare l’operato del personale della Polizia di Stato, lo aveva incalzato con veemenza minacciandolo che qualora non avesse proceduto all’arresto in flagranza delle persone da lui indicate, vi sarebbero state conseguenze sul piano penale, poiché si sarebbe recato in questura per denunciarlo per omissione”, conclude la nota.
(LaPresse)