Oramai alle porte il momento della verità. Anziché placarsi, cresce a dismisura il ‘mal di pancia’ dei militanti del Partito Democratico di Matteo Renzi. Bologna, che storicamente ha rappresentato una roccaforte di consensi per i post comunisti, fa sentire forte la voce del dissenso interno. Tra pochi giorni, anzi tra poche ore, si aprono le urne: i tempi per smorzare i toni della polemica non sembrano esserci e, quindi, le sorprese potrebbero essere dietro l’angolo.
La candidatura di Casini pomo della discordia
Proprio non va giù l’imposizione operata dal segretario del partito, Matteo Renzi, di ospitare Pierferdinando Casini sotto la bandiera dei democratici. I più critici sostengono che non si può votare chi ha contribuito in maniera determinante alla vittoria del centrodestra guidato da Silvio Berlusconi. Solo qualche hanno fa, per giunta. Quando le foto lo ritraevano esultare tenendo su il braccio del Cavaliere in segno di vittoria ‘sugli odiati comunisti’ (parole di Berlusconi).
Le malelingue insinuano…
Il motivo di questa ‘forzatura insopportabile’ (come viene definita dai militanti), sarebbe da ricercare dall’atteggiamento tenuto dall’ex democristiano nell’interpretazione del ruolo di presidente della commissione parlamentare di inchiesta sulle vicende legata al sistema bancario italiano. Una forma di ‘ristoro’ insomma, consumatasi sulla pelle del partito nella ‘rossa’ Bologna.