MILANO (AWE/LaPresse) – La Bce, come da attese dei mercati, non cambia rotta. I tassi di interesse restano fermi al minimo storico e lo stop al quantitative easing, il piano di acquisti di titoli, è confermato a fine anno. Ma il presidente della Bce, Mario Draghi, bacchetta come in poche altre occasioni un governo. Quello italiano.
Il bilancio di Mario Draghi
“Abbiamo visto che le parole hanno fatto danni, i tassi sono saliti per le famiglie e le imprese”, tuona Draghi incalzato dai cronisti, precisando però che c’è ancora spazio per rimediare: “Le parole negli ultimi mesi sono cambiate molte volte, ora stiamo aspettando i fatti. I fatti sono la legge di bilancio e la successiva discussione in Parlamento”. Da questo, chiarisce Draghi, dipenderanno lo spread e i costi per l’economia reale nei prossimi mesi.
La Bce mantiene i tassi ai minimi storici
La Banca centrale mantiene invariati i tassi di interesse ai minimi storici, con il tasso chiave fermo a zero, quello sui depositi negativo a -0,40% e il tasso marginale allo 0,25%, che resteranno al livello attuale “almeno fino all’estate del 2019”. Settembre è l’ultimo mese in cui la Bce comprerà titoli al ritmo di 30 miliardi di euro al mese, poi nel quarto trimestre dimezzerà le operazioni a 15 miliardi mensili fino a chiudere i rubinetti con lo scattare di gennaio. Ma Draghi precisa che servirà ancora “un ampio grado di accomodamento monetario” e per questo Francoforte reinvestirà nel sistema i profitti dai bond maturati nell’ambito del Qe.
Ottimismo sull’inflazione
Anche perché la crescita dell’eurozona rimane “solida e diffusa”, spiega il banchiere centrale, ma rallenta. Gli economisti della Bce tagliano le stime sul Pil rispetto a tre mesi fa. La crescita dovrebbe essere del 2% nel 2018, dell’1,8% nel 2019 e dell’1,7% nel 2020. A giugno l’Eurotower prevedeva un Pil in aumento del 2,1% nel 2018, dell’1,9% nel 2019 e dell’1,7% nel 2020. Draghi è invece più ottimista sull’inflazione che dovrebbe risalire gradualmente dall’inizio del prossimo anno verso l’obiettivo del 2%. Secondo la Bce, i prezzi aumenteranno dell’1,7% all’anno nel triennio al 2020.
I possibili rischi per l’Italia
Con chi gli chiede sui rischi per il debito pubblico italiano con la fine del quantitative easing, Draghi taglia corto e ricorda che “il nostro mandato non è garantire che il deficit dei governi sia finanziato a qualsiasi costo”. Tuttavia, incalzato nella tradizionale conferenza stampa dopo la riunione, l’ex governatore di Bankitalia ricorda a Roma il rispetto delle regole europee sui conti pubblici. “Sia il premier italiano, sia i ministri delle Finanze e degli Esteri hanno detto tutti che l’Italia rispetterà le regole”, dichiara Draghi.
In generale il presidente della Bce ritiene che i rischi sull’eurozona siano “bilanciati”. Minacce contenute arrivano dalle crisi valutarie di Turchia e Argentina, oltre che dagli sbilanciamenti dovuti alle politiche monetarie tendenzialmente più restrittive soprattutto negli Usa, mentre Draghi sostiene che “la maggiore fonte di incertezza sul Pil globale è la crescita del protezionismo”. Draghi evidenzia il rischio di una “escalation” delle barriere commerciali e teme gli “effetti di una caduta della fiducia per una estesa guerra commerciale” oltre che “l’effetto delle tariffe sul mercato dei cambi”. Dopo l’inizio della conferenza stampa di Draghi l’euro si è leggermente rafforzato, portandosi in area 1,167 dollari.
di Lorenzo Allegrini