ROMA – In Italia si fa ancora poco per la salvaguardia della biodiversità marina. Il monito arriva dal direttore di ricerca presso l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) nonché responsabile dell’area per la tutela della biodiversità, degli habitat e specie marine protette, Leonardo Tunesi: “Salvaguardare la biodiversità è fondamentale per la sopravvivenza stessa dell’umanità. Si pensi che le stime attuali indicano che il 50 per cento dell’ossigeno presente in atmosfera deriva proprio dal mare, grazie all’azione dei fitoplancton vegetali e delle praterie di piante marine presenti sui fondali. Gli oceani giocano un ruolo chiave anche nella regolazione del clima, perché il mare ha una composizione chimica tale che permette l’assorbimento di una buona parte dell’anidride carbonica prodotta dalle attività antropiche”.
Le 31 aree protette
Sono 31 le aree marine e centinaia di siti protetti lungo le aree delle nostre coste ma si studia l’ipotesi di prevederne delle altre anche oltre le ’12 miglia’ che costituiscono il limite delle acque nazionali. Ad oggi circa “il 20% del nostro mare rientra in aree tutelate, contro l’obiettivo europeo del 30% al 2030”, dunque c’è ancora molto da fare.
La tutela
Poi Tunisi spiega come già da decenni sia stata sottolineata “l’importanza di adottare misure di gestione delle attività umane riconosciute come efficaci, concepite per perseguire obiettivi specifici di tutela. Ne sono un esempio le aree marine protette, o amp, istituite per proteggere luoghi o specie specifici”. Tra gli esempi il Santuario Pelagos, istituito “per la protezione dei mammiferi marini nel Mediterraneo, che nasce nel 1999 da un accordo tra Italia, Francia e Montecarlo compreso tra le congiungenti Capo Falcone, nella Sardegna nord-occidentale, e la penisola di Giens, in Francia e la congiungente Capo Ferro, nella Sardegna nord-orientale, la foce del Fosso Chiarone, al confine fra Toscana e Lazio”.
I Natura 200
Inoltre le 31 amp istituite a livello nazionale “grazie alla legge per la difesa del mare che risale al 1982 – continua Tunisi – alle quali si affiancano diverse centinaia di siti Natura 2000, aree protette istituite sulla base delle Direttive europee Habitat ed Uccelli e gestiti a scala regionale che costituiscono una rete di aree protette marine e costiere voluta per proteggere le specie di importanza conservazionistica, come il delfino tursiope o la posidonia”.
Lo studio
E sui popolamenti biogenici, lo studioso spiega come “la posidonia, una specie endemica del Mediterraneo prosperi sui fondali sabbiosi, ma le nuove piante si sviluppano sugli intrichi dei rizomi, che nel corso di diversi milioni di anni accumulano uno spessore significativo e modificano l’ambiente stesso. Queste strutture sono importantissime, perché sono vere e proprie trappole per la CO2 e quindi contribuiscono ad assorbire e rimuovere dalla biosfera parte di questo gas. Noi, come Ispra – continua Tunesi – nell’ambito dell’Accordo Ramoge abbiamo avviato uno studio pilota in collaborazione con Francia e Montecarlo per studiare monti sottomarini la cui sommità arriva ad una profondità di 600 metri, a partire da fondali di oltre tremila metri. Lo scopo di queste indagini è l’identificazione e il riconoscimento delle zone marine da proteggere per salvaguardare la biodiversità. Gli oceani sono una realtà che assicura la presenza della vita sul nostro pianeta – conclude – dobbiamo necessariamente impegnarci per salvaguardare il mare, tutti i suoi ecosistemi e la sua biodiversità perché sono componenti essenziali di cui, di fatto, facciamo parte, in quanto esseri viventi”.