NAPOLI – Non è una operazione tra tante. Gli investigatori lo hanno detto da subito. All’alba di ieri sono stati arrestati presunti gregari e ras. Molti volti sono noti alle forze dell’ordine. Tra i nomi di spicco i Casella, Giuseppe De Luca Bossa, Christian Marfella, i Minichini e De Martino. La Procura stavolta ha voluto sradicare le radici, andare fino in fondo. E’ una sorta di colpo da ko per bloccare la faida di Ponticelli. In un momento in cui le cosche hanno ripreso a marciare l’una contro l’altra. Scacco matto, direbbero oggi gli inquirenti. Gli investigatori hanno lavorato messi per mettere insieme i tasselli e le dichiarazioni dei pentiti. I collaboratori di giustizia Tommaso Schisa, Antonio Rivieccio e Rosario Rolletta indicano Giuseppe De Luca Bossa con il ruolo di capo del cartello. Secondo Rolletta, il sistema funzionava così: esisteva una cassa comune e “in quanto al settore delle estorsioni, i proventi delle attività confluivano in un unico deposito, gestito prima da Francesco Audino, detto il cinese, e dopo il suo arresto da Giuseppe De Luca Bossa, coadiuvato da Umberto De Luca Bossa”.
Il summit interrotto dalla polizia
Gli inquirenti sottolineano un altro passaggio nell’ordinanza cautelare: un summit interrotto dagli agenti della squadra mobile nel dicembre 2017 in via Mastellone a Barra. Secondo la Procura, è un passaggio fondamentale per l’inchiesta, perché alla riunione vengono captate le conversazioni e “da tali dialoghi emerge il coinvolgimento di Giuseppe De Luca Bossa nelle decisioni da adottare”. Era stato detenuto per un lungo periodo: dal 13 febbraio 2012 al 3 marzo 2015, per poi essere sottoposto quello stesso giorno alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune di Gricignano d’Aversa (fino al 15 dicembre 2016). Sempre secondo la ricostruzione della Procura, quella riunione ha una rilevanza particolare, perché si tratta di un vertice tra le famiglie del cartello. Non solo. Nell’ordinanza c’è un altro passaggio chiave: durante la detenzione dei Minichini, la famiglia De Luca Bossa avrebbe manifestato – per il tramite proprio di Giuseppe De Luca Bossa – la volontà di sostenere e supportare gli alleati anche con aiuti di tipo economico.
Il blitz
“Proprio grazie a queste riunioni, il cartello dimostrava di riuscire a conservare la stabilità, nonostante l’arresto dei capi”. Ma le cose cambiano presto. Giuseppe De Luca Bossa viene fermato il 16 ottobre 2020, insieme a Domenico Amitrano e un’altra persona per una tentata estorsione al titolare di una concessionaria a Pollena Trocchia. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, “dopo l’arresto di De Luca Bossa, la reggenza passa a Luigi Austero e Giuseppe Righetto, del gruppo Casella”. E ancora: “In quel periodo emergono le nuove leve: Ciro Ricci, Ivan D’Apice, Antonio Pipolo, Giuseppe Damiano e Vincenzo Barbato”. Infine, “nei momenti di massima tensione con i Minichini, un ruolo determinante per ristabilire gli equilibri è ricoperto da Giuseppe De Luca Bossa”. Gli inquirenti contestano al 45enne anche la violazione della sorveglianza speciale con obbligo di dimora a Gricignano d’Aversa: sarebbe andato a Marcianise e a Cercola.
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