Milano, 13 mar. (LaPresse) – Vito Nicastri, l’imprenditore trapanese noto come ‘re dell’eolico’, è stato arrestato insieme ad altre 11 persone sospettate di essere fiancheggiatori della latitanza di Matteo Messina Denaro. Si stringe quindi il cerchio attorno al super ricercato dal 1993 che vede cominciare a cedere il muro di protezione che lo ha circondato negli anni.
E c’è anche un’azienda agricola formalmente acquistata all’asta da Roberto Nicastri, ritenuto prestanome del fratello Vito, definito ‘il signore del vento’, nella vicenda oggetto della indagine che ha portato al maxi blitz contro i possibili favoreggiatori del latitante superboss di mafia Messina Denaro.
Una operazione che dalle prime luci dell’alba di oggi ha visto impegnati 100 uomini, tra Dia, Carabinieri del Nucleo Investigativo di Trapani e del Raggruppamento Operativo Speciale: hanno eseguito di 12 ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Gip presso il Tribunale di Palermo, su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione e favoreggiamento nonché fittizia intestazione di beni tutti reati aggravati dalle modalità mafiose.
E’ lo sbocco di una attività investigativa coordinata dalla Dda di Palermo, avviata nell’aprile del 2014, che ha consentito di cristallizzare una serie di condotte criminose poste in essere da esponenti delle famiglie mafiose di Vita e Salemi, ritenuti possibili favoreggiatori di Messina Denaro, super ricercato dal 1993.
Le indagini hanno portato a individuare in Salvatore Crimi e in Michele Gucciardi i capi famiglia di cosa nostra di Vita e Salemi e di assicurare alla giustizia diversi gregari.
Si servivano di professionisti nell’ambito di consulenze agricole e immobiliari e sono riusciti, attraverso la Agri innovazioni s.r.l.,
società di fatto riconducibile al pregiudicato mafioso Girolamo Scandariato, a realizzare notevoli investimenti in colture innovative per la produzione di legname.
I due importanti “uomini d’onore” hanno avuto un ruolo centrale nella gestione di una grossa operazione di speculazione immobiliare realizzata attraverso l’acquisto in un’asta giudiziaria di una vasta tenuta agricola di oltre sessanta ettari, in località Pionica del comune di Santa Ninfa, e la successiva rivendita alla Vieffe, società agricola riconducibile ad imprenditori di San Giuseppe Jato, vicini ad ambienti mafiosi locali.
L’azienda agricola, di proprietà della moglie di Antonio Salvo, nipote dei noti esattori salemitani, i cugini Nino e Ignazio Salvo, sotto la regia di cosa nostra trapanese, è stata formalmente acquistata all’asta da Roberto Nicastri, ritenuto prestanome del fratello Vito, noto imprenditore del settore eolico, già sorvegliato speciale di p.s., per poi essere ceduta alla Vieffe per l’importo di 530.000 euro.
Il prezzo di vendita reale dei terreni è stato notevolmente superiore a quello dichiarato negli atti notarili e la differenza, pari a oltre duecentomila euro- spiegano gli investigatori – sarebbe stata incassata dagli uomini di cosa nostra per la loro attività di “intermediazione immobiliare”.
Secondo le dichiarazioni del defunto collaboratore di giustizia Lorenzo Cimarosa parte di tale somma sarebbe stata destinata da Michele Gucciardi e Vito Gondola, già reggente del mandamento mafioso di Mazara del Vallo, al mantenimento del latitante Messina Denaro, che l’avrebbe ricevuta tramite Cimarosa e Francesco Guttadauro, nipote prediletto.
Sempre Michele Gucciardi era riuscito a reinvestire il denaro della famiglia mafiosa di Salemi in terreni già riconducibili al mafioso Salvatore Miceli, acquistati formalmente dalla moglie di Sergio Giglio, recentemente condannato per associazione mafiosa, perché coinvolto nella veicolazione dei “pizzini” per Messina Denaro.
Salvatore crimi invece, attraverso la società AERRE s.a.s. di proprietà della moglie, è riuscito ad investire nel campo della ristorazione, aprendo un ristorante in località Ummari.
Girolamo Scandariato è chiamato a rispondere anche del reato di estorsione aggravata da metodo mafioso per aver svolto il ruolo di mediatore mafioso in un’estorsione perpetrata ai danni di alcuni imprenditori che avevano acquistato un terreno agricolo in Castelvetrano, sul quale avrebbe vantato diritti di proprietà occulta il defunto boss mafioso Totò Riina.
Le società Aerre s.a.s., nonché il 25% del capitale sociale della AGRI Innovazioni, sono state poste a sequestro preventivo.
Il sequestro della Vieffe soc. agr. si è invece reso necessario poiché si è accertato essere un’impresa, a tutti gli effetti, a partecipazione mafiosa.