Bolzano, 4 mag. (LaPresse) – I finanzieri della tenenza di Egna (Bolzano) hanno recentemente concluso, su delega della Procura della Repubblica di Vicenza, un’indagine di polizia giudiziaria che ha portato alla luce un preoccupante fenomeno di illecita intermediazione e sfruttamento del lavoro (caporalato) posto in essere mediante comportamenti di prevaricazione nei confronti di numerosi lavoratori, e di violazioni alle norme di sicurezza e fattispecie di evasione fiscale.
L’attivita di controllo ha preso le mosse dal monitoraggio di alcuni lavoratori, soprattutto stranieri, domiciliati sia nella bassa atesina che in altre zone della provincia di Bolzano e di Trento, i quali venivano impiegati, prevalentemente nella zona sud della provincia bolzanina, per la consegna di volantini pubblicitari porta a porta. Per gli spostamenti e le consegne, i lavoratori utilizzavano biciclette messe a disposizione dai datori di lavoro.
E’ stata individuata una società (con sede a Vicenza) la quale aveva reclutato un numero elevato di lavoratori, di nazionalita pakistana, indiana e algerina. I responsabili avevano creato un sistema ad hoc, costituito da ulteriori 4 ditte individuali e da 4 società (riconducibili sempre agli stessi soggetti), il cui principale scopo era quello di allargare il proprio giro d’affari mediante l’impiego di manodopera completamente in nero.
I lavoratori, privi di mezzi di sussistenza alternativi e costretti a vivere in condizioni igienico-sanitarie precarie, venivano reclutati, principalmente, nella zona di Rosà e trasportati, mediante dei furgoni fatiscenti e insicuri (sovente anche causa di gravi incidenti stradali), sui luoghi di lavoro ubicati in tutto il territorio provinciale.
Gli addetti, in sella alle biciclette che venivano loro fornite, erano costretti a lavorare in condizioni indecorose e sotto continua sorveglianza (dal momento che seguivano tragitti prestabiliti), erano affidati al controllo di un capo squadra, venivano monitorati tramite sistemi GPS, erano impiegati anche per più di 15 ore al giorno (per sei giorni alla settimana) e percepivano uno stipendio compreso tra i 500 e i 700 euro al mese.
Come se non bastasse, i lavoratori erano sottoposti a continue minacce di licenziamento ovvero di percosse, soprattutto in caso di rivelazione, alle forze dell’ordine, delle reali condizioni di lavoro. Ai lavoratori, in alcune circostanze, venivano trattenuti i documenti, quali la carta d’identità o il permesso di soggiorno, al fine di mantenere saldo il rapporto di patologica subordinazione e condizionamento psicologico.
Denunciati 7 soggetti (tutti residenti a Vicenza), 5 dei quali di nazionalità indiana e 2 di nazionalità italiana (P.E. di anni 65 e P.S. di anni 21), ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere e di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Tra le persone individuate spicca un soggetto che, oltre alle condotte illecite di cui sopra, si è reso responsabile anche del reato di abusivo esercizio della professione; in particolare, lo stesso, reo confesso, fingendosi commercialista iscritto all’Albo, predisponeva la documentazione amministrativo-contabile (tra cui falsi documenti attestanti la regolarità contributiva, fittizie asseverazioni, ecc.), allo scopo di simulare una formale regolarità dei rapporti di lavoro instaurati, quando in realtà gran parte degli addetti era assunta completamente in nero.