MONDRAGONE – La paga e l’orario dei braccianti ‘fortunati’? Cinque euro per ognuna delle sette ore trascorse (sei giorni a settimana) a raccogliere frutta e ortaggi. A chi girava male, invece, incassando tra i 4 e i 4 euro e 50 centesimi, lavorava fino a 12 ore al giorno (festivi inclusi). La parola ‘straordinario’, per carità, rappresentava per tutti un’entità sconosciuta. E che iniziassero a spezzarsi la schiena dall’alba, nelle serre, sopportando temperature elevatissime, ai ‘padroni’ poco importava: la miseria che veniva data agli operai restava tale. Era incondizionata. Questi, in estrema sintesi (e probabilmente addolciti) i tratti (horror) del sistema che avrebbe messo in piedi Gennaro Bianchino, 62enne mondragonese, patron della Sviluppo agricolo Bianchino. L’imprenditore, assistito dall’avvocato Angelo Raucci, giovedì mattina, su ordine del gip Rosaria Dello Stritto del Tribunale di S. Maria Capua Vetere, è stato portato in carcere da finanzieri e carabinieri. La Procura lo accusa di aver diretto un’associazione a delinquere, attiva dal 2017 al dicembre scorso, dedita “allo sfruttamento del lavoro e all’intermediazione illecita di manodopera”, il cosiddetto caporalato. E a beneficiare di queste ipotizzate condotte illecite sarebbe stata principalmente la sua società (la Sviluppo agricolo) con sede a Falciano del Massico, attiva nel commercio al dettaglio e all’ingrosso di prodotti alimentari.
A far parte della presunta combriccola, ha sostenuto l’accusa, anche Pasquale Miraglia, 42enne, finito ai domiciliari, Vincenzo Miraglia, 44enne, e Francesco Pagliaro, 52enne, sottoposti all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, tutti mondragonese e difesi dall’avvocato Giovanni Lavanga. Il gip, oltre alle misure cautelari, ha disposto pure il sequestro preventivo delle ditte riconducibili ai Miraglia e delle somme di denaro nella disponibilità della società Sviluppo agricolo Bianchino fino al raggiungimento di un milione e 845mila.
A sedere al vertice dell’associazione a delinquere, ha stabilito il giudice Dello Stritto, sarebbe stato Bianchino, ricoprendo il ruolo di “capo e promotore”. Pasquale Miraglia, patron di una ditta individuale che si occupa della coltivazione di alberi da frutta, invece, gli sarebbe stato al fianco, svolgendo le mansioni di intermediario “nel reclutamento e nell’impiego della manodopera”. Miraglia avrebbe dato direttive ai caporali sulle unità di cui il 62enne aveva bisogno e dove dovevano essere impiegate. Stesso compito, dice la Procura, era svolto dal fratello Vincenzo. Francesco Pagliaro, invece, avrebbe gestito il trasporto dei lavoratori destinati ai campi di raccolta di Bianchino.
I quattro, in concorso con Adrian Florn Rata, Andrii Hutsul e Orest Ivanitskyi (coinvolti in un filone d’inchiesta connesso, già sfociato in misure cautelari nei mesi scorsi), stando alla tesi degli inquirenti, assumevano perlopiù lavoratori extracomunitari “sottoponendoli a condizioni di sfruttamento”. Ed approfittando del loro stato di bisogno, “trattandosi di soggetti privi di altre fonti di reddito”, venivano costretti, ha chiarito la Procura, “ad accettare le condizioni e economiche e lavorative imposte”.
L’indagine, condotta dalle fiamme gialle e dai carabinieri di Mondragone, diretti rispettivamente dal capitano Simone Vecchi e dal tenente colonnello Loreto Biscardi, ha tirato in ballo anche e Salvatore Pagliaro, 57enne: non è stato sottoposto a misure cautelari e, secondo gli inquirenti, non risulta inserito nell’associazione criminale che avrebbe guidato Bianchino, ma risponde ugualmente di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro.
L’attività investigativa, ha informato il procuratore Maria Antonietta Troncone, ha fatto emergere come Bianchino, avvalendosi “di manodopera illegale a basso costo”, sia riuscito a realizzare nel tempo “notevoli profitti illeciti riducendo di oltre il 200 percento i costi complessivi del lavoro e quelli legali alla sicurezza degli stessi lavoratori”. Questo sistema, ha aggiunto Troncone, “oltre a produrre condizioni insostenibili di sfruttamento verso persone deboli e indifese, è in grado di assicurare ai responsabili illecite speculazioni economico-finanziarie e indebiti vantaggi competitivi sul mercato, ai danni delle imprese sane concorrenti, con conseguente grave nocumento dell’economica locale”. Sintetizzando, il presunto sistema Bianchino danneggia la dignità dei lavoratori e ‘droga’ il mercato.