Rio de Janeiro (LaPresse/AFP) – Il candidato di estrema destra, Jair Bolsonaro, ha vinto nettamente il primo turno delle elezioni presidenziali brasiliane. Bolsonaro (sostenuto dal Psl, Partito Social Liberale) ha ottenuto il 46% dei voti, mentre il suo avversario socialista (Pt) Fernando Haddad si è fermato al 29%. Altri undici candidati (secondo quanto comunicato dal Supreme Electoral Tribunal) si dividono il restante 25% circa. Il 28 ottobre i due sfidanti se la vedranno quindi al ballottaggio. Al terzo posto è arrivato Ciro Gomes del Pdt (Partito Democratico Laburista) con il 12,5%, i cui voti al ballottaggio dovrebbero andare a Haddad. Anche per questo motivo, per Bolsonaro la vittoria non è ancora certa. I sondaggi brasiliani dicono che fra tre settimane entrambi i candidati partiranno da un base di voti superiore al 40% e che la partita è ancora aperta.
Brasile al voto per le elezioni presidenziali. I seggi hanno aperto i battenti alle 8 ora locale (le 13 in Italia) e gli ultimi hanno chiuso alle 19 (mezzanotte in Italia). I primi risultati dovrebbero essere disponibili una o due ore dopo, probabilmente intorno alle 2 di notte ora itlaiana. Le operazioni di voto si sono svolte sotto rigide misure di sicurezza, con circa 280mila uomini dispiegati. Oltre che per il nuovo presidente, gli oltre 147 milioni di elettori sono stati chiamati a scegliere deputati, senatori, governatori degli Stati federati e le assemblee dei 27 Stati. L’ex presidente Lula, in carcere per corruzione, non ha potuto votare. Nel carcere di Curitiba in cui si trova non è stato raggiunto il numero minimo di 20 detenuti con diritto di voto e volontà di votare necessario a installare le urne nel penitenziario.
Paese spaccato tra la destra e la sinistra
È un Paese diviso quello che va al voto, diviso da una campagna elettorale estremamente polarizzata fra destra e sinistra. Grande favorito per la presidenza è il candidato di estrema destra Jair Bolsonaro, deputato 63enne nostalgico della dittatura militare. Che si è fatto conoscere soprattutto per le sue frasi razziste, misogine e omofobe. Ex capitano dell’esercito, si è affermato come un vero fenomeno elettorale. Rimasto gravemente ferito in un attentato il 6 settembre, ha portato avanti la campagna da un letto d’ospedale, con discorsi sempre più violenti.
Il principale sfidante è Fernando Haddad, 55 anni, candidato del Partito dei lavoratori (PT) dell’ex presidente Ignacio Lula da Silva, che ha preso il posto di Lula dal momento che l’ex capo dello Stato, in carcere, è stato dichiarato incandidabile. Lula, 72 anni, icona della sinistra brasiliana, presidente dal 2003 al 2010, prima di essere dichiarato incandidabile dalla giustizia a inizio settembre raccoglieva il 40% delle intenzioni di voto. Ma non è affatto scontato che questi consensi passino a Haddad.
Bolsonaro ha sempre sostenuto la possibilità di farcela al primo turno, senza la necessità di andare al ballottaggio il 28 ottobre. Un’ipotesi che fra tremare milioni di democratici nel Paese. E che per la verità alcuni analisti negli ultimi giorni hanno cominciato a credere che possa essere reale considerando l’ascesa nei sondaggi. Secondo le ultime due rilevazioni, di Ibope e Datafolha, pubblicate sabato sera, Bolsonaro del Partito social-liberale (PSL) si attesta al 36%; Haddad si attesterebbe invece al secondo posto con il 22%. Il duello che si profilerebbe al ballottaggio, dunque, sarebbe il risultato di un’attrazione degli elettori verso gli estremi, con il concomitante crollo inatteso del centro, in particolare del grande partito di centro-destra PSDB di Geraldo Alckmin.
I partiti estremisti prendono il volo
Il primo turno dovrebbe confermare una polarizzazione diventata fatale per il centro: il candidato Ciro Gomes di centro-sinistra, del Partito democratico laburista (PDT), non è mai decollato; tuttavia secondo gli ultimi sondaggi sarebbe il migliore per battere Bolsonaro al secondo turno. Quanto alla ecologista Marina Silva di Rede, che alle ultime due presidenziali aveva raccolto oltre 20 milioni di voti, ha subito un crollo.
Gli elettori di Bolsonaro si trovano in tutte le fasce sociali e fra i giovani, che non hanno conosciuto la dittatura del 1964-1985. Dietro di lui si sono allineate le lobby pro armi e dell’agro business, nonché evangeliche. Ma con i suoi insulti Bolsonaro si è inimicato neri, donne e omosessuali. Alla vigilia del voto ha provato ad ammorbidire i toni, promettendo di “fare un governo per tutti”. Haddad, dal canto suo, deve fare i conti con il peso delle responsabilità che vengono imputate al suo Partito dei lavoratori: il PT ha vinto le ultime quattro presidenziali, ma è ritenuto da molti responsabile dei problemi attuali del Brasile, e in campagna elettorale Haddad non ha fatto il punto su quegli anni.
L’attuale presidente conservatore Michel Temer lascia con un tasso storicamente basso di popolarità. Chi verrà scelto per succedergli, con mandato di quattro anni, dovrà risollevare il Paese dal crollo e ridare speranza a un popolo stanco e disorientato: ci sono 13 milioni di disoccupati, la classe politica è stata screditata dagli scandali, e una corruzione endemica e una violenza record pesano sul Brasile. Se le presidenziali possono far scivolare il Paese verso un’era incerta e sconosciuta, al contrario le elezioni dei governatori, delle assemblee dei 27 Stati, nonché dei 513 deputati della Camera bassa e dei due terzi degli 81 senatori non dovrebbero trasformare radicalmente il panorama politico.