LONDRA (LaPresse/AFP) – La prima ministra britannica, Theresa May, deve riuscire a convincere i deputati del suo Paese a votare a favore dell’accordo sulla Brexit, dopo l’ok arrivato dai 27 capi di Stato e di governo dell’Unione europea. A dicembre, forse il 10 o l’11, l’intesa arriverà al Parlamento di Londra, ma la battaglia per l’approvazione è tutt’altro che vinta.
L’accordo Brexit sarà sottoposto al Parlamento di Londra
La maggioranza assoluta per la leader Tory si basa sull’alleanza con il partito unionista nordirlandese Dup, che si è espresso contro l’accordo, e anche il suo partito conservatore è profondamente diviso. È previsto si oppongano anche i deputati laburisti e degli altri partiti d’opposizione.
I rischi per la premier May
Il rifiuto del testo alla Camera dei comuni potrebbe portare a una Brexit senza accordo il 29 marzo. Le relazioni economiche tra Regno Unito e Ue sarebbero allora gestite secondo le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio e dovrebbero essere istituiti con urgenza controlli doganali e normativi. È lo scenario temuto sia da Bruxelles e Londra, sia dal settore economico, già dall’inizio dei negoziati sul divorzio. Questo scenario scatenerebbe una nuova caduta della sterlina e precipiterebbe le imprese nell’incertezza.
Possibili scenari
“Le conseguenze sarebbero molto gravi, molto negative per l’occupazione e la futura prosperità, affronteremmo il caos economico”, secondo il ministro delle Finanze, Philip Hammond. Londra ha previsto anche problemi come scarsità di medicinali, imbottigliamenti nei porti e aerei bloccati a terra. Previsioni che sono respinte da alcuni deputati della maggioranza, per cui “è meglio nessun accordo che un cattivo accordo”.
In caso di rifiuto iniziale, il governo potrebbe cercare di prevedere un secondo voto al Parlamento. Questo implicherebbe trattative tra l’esecutivo e i deputati, per ottenere infine l’assenso di questi ultimi.
Il piano B
May potrebbe anche chiedere a Bruxelles di riconsiderare alcune disposizioni dell’accordo, come vorrebbe il Dup. Secondo il Sunday Telegraph, vari ministri britannici e diplomatici europei hanno già cominciato a elaborare un “piano B” per l’accordo. Questo prenderebbe a modello la Norvegia, che dispone di accesso al mercato unico senza esser membro dell’Ue, formula che potrebbe ottenere il sostegno di una maggioranza di deputati. Se i 27 accettassero di riprendere le discussioni, la data della Brexit potrebbe esser rinviata.
La premier rischierebbe la mozione di sfiducia
Il rifiuto all’accordo sul ritiro indebolirebbe la posizione politica di May, che potrebbe affrontare un voto di sfiducia promosso dai suoi stessi compagni di partito per sostituirla alla guida dell’esecutivo e riprendere i negoziati, per approdare a un ‘no deal’. Una mozione di sfiducia contro il governo potrebbe esser sottoposta al voto del Parlamento e riuscire, vista la debolezza della maggioranza su cui s’appoggia May. Si andrebbe quindi verso la formazione di un nuovo governo, o a nuove elezioni, come vorrebbe il Labour.
Ipotesi elezioni legislative
La stessa May potrebbe decidere per nuove elezioni legislative, a condizione di ottenere il sostegno di due terzi del Parlamento. Una prospettiva poco probabile, ma già evocata dall’esecutivo per favorire l’allineamento dei deputati sull’accordo. Infine, nel caso non fossero organizzate elezioni, il Labour ha previsto che potrà posizionarsi a favore di un secondo referendum sulla Brexit, ipotesi che potrebbe a quel punto avere il sostegno di una maggioranza eterogenea alla Camera dei comuni.