LUSSEMBURGO – È corsa contro il tempo per trovare un accordo sulla Brexit prima del summit Ue di giovedì e venerdì. Bruxelles e Londra manifestano un cauto ottimismo: per Michel Barnier, capo negoziatore dell’Ue, un’intesa “è ancora possibile questa settimana”; e anche il negoziatore britannico Steve Barclay, arrivando al Consiglio affari generali in Lussemburgo, ha reputato un accordo “molto possibile”.
Le tempistiche
Barnier chiarisce che un testo deve essere sul tavolo entro mercoledì mattina se va sottoposto al vaglio dei leader Ue al vertice, in tempo per la seduta speciale del Parlamento di Londra di sabato. Nelle ultime ore, tuttavia, circola sempre più l’ipotesi di un ulteriore summit Ue: se non si riuscisse a raggiungere un accordo prima del vertice di giovedì e venerdì, infatti, i negoziati potrebbero riprendere la prossima settimana e a quel punto andrebbe programmato un nuovo summit speciale, da tenersi in tempo affinché Boris Johnson riesca ad attuare la Brexit entro la scadenza del 31 ottobre.
Ore decisive
Le posizioni sono varie: se un consigliere dell’Eliseo parla di “slancio positivo”, aggiungendo che “spera in una valutazione chiara per stasera, in modo da sapere se un accordo ci sarà o no”, un membro del governo tedesco si dice “dubbioso sulla possibilità di raggiungere un accordo su un testo giuridico entro domani”. “Dei progressi significativi sono ancora necessari”, ha detto dal canto suo il capo della diplomazia dell’Irlanda, Simon Coveney. È esclusa, comunque, l’ipotesi di negoziare un accordo durante il summit Ue.
Le carte in tavola
A oltre tre anni dal referendum di giugno del 2016 in cui il Regno Unito votò a favore dell’uscita dall’Unione europea, non è ancora stato trovato nessun accordo per evitare un divorzio in scenario di no deal. Il nodo resta quello irlandese e le discussioni in corso si concentrano su due punti di disaccordo: in primo luogo il modo di evitare il ritorno di una frontiera fra l’Irlanda, membro dell’Ue, e la provincia britannica dell’Irlanda del Nord, pur realizzando dei controlli doganali; in secondo luogo il diritto di controllo da dare o meno alle autorità nordirlandesi sull’accordo di divorzio.
Boris Johnson, arrivato al potere a luglio, ha respinto l’accordo che era stato concluso prima di lui da Theresa May, che a proposito del nodo irlandese prevedeva che il Regno Unito restasse nell’unione doganale Ue fino al raggiungimento di una nuova relazione fra Londra e Ue. Johnson ha anche presentato un nuovo piano, che finora è stato respinto dall’Ue: la proposta di Londra prevede che l’Irlanda del Nord resti nel territorio doganale del Regno Unito ma applicando le regole europee per i prodotti destinati all’Ue, spiega una fonte europea. Per l’Europa, da una parte un sollievo e dall’altra fonte di preoccupazione: dopo la Brexit, ha avvertito Angela Merkel, il Regno Unito diventerà “un nuovo concorrente” alle porte dell’Unione europea, che si vedrà dunque costretta a essere “ancora più competitiva”.
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