Brexit, Theresa May ‘irritata’ per la rivolta interna ai Tories

Londra e Bruxelles sperano di raggiungere un accordo con il summit di ottobre

in foto Theresa May

LONDRA (LaPresse/AFP) “Un po’ irritata”. Così si è detta Theresa May ai microfoni della Bbc, minacciata sulla Brexit da una fronda interna al suo partito conservatore. Dopo le speculazioni sul suo futuro politico. “Sono un po’ irritata. Ma questo dibattito non riguarda il mio futuro. Questo dibattito riguarda il futuro dei cittadini britannici e del Regno Unito”, ha detto la premier britannica a sei mesi dalla Brexit, prevista per il 29 marzo del 2019.

Tra i Tories c’è chi vorrebbe una rottura netta con l’Ue

May ha difeso la sua idea di mantenere una relazione commerciale stretta con l’Ue dopo il divorzio e ha chiarito che si sta concentrando per raggiungere un accordo di uscita. “È su questo che mi concentro ed è su questo che dovremmo concentrarci tutti”, ha affermato, mentre fra i Tories c’è una ribellione contro di lei da parte di chi vorrebbe una rottura chiara e netta con l’Ue. “È assicurarsi di ottenere questo buon accordo con l’Ue che dà benefici ai cittadini britannici, indipendentemente da dove vivono nel Regno Unito”, ha detto.

L’irritazione di Theresa May e la stoccata a Johnson

Poi una stoccata all’ex ministro degli Esteri Boris Johnson, che si è dimesso in aperta polemica con la sua idea di Brexit, ritenuta troppo soft. May gli ha rimproverato un linguaggio “completamente inappropriato”, riferendosi a quando ha paragonato il piano del governo per la Brexit a una cintura esplosiva attaccata al Regno Unito.

Londra e Bruxelles percorrono la via dei negoziati

Boris Johnson, potenziale sfidante di Theresa May, ha sbattuto la porta uscendo dall’esecutivo a luglio dopo il piano presentato dalla premier nel vertice della residenza di Chequers, che prevede appunto di mantenere una relazione commerciale stretta fra il Regno Unito e l’Ue dopo la Brexit.

Londra e Bruxelles sperano di raggiungere un accordo entro il summit Ue di ottobre, o al più tardi all’inizio di novembre. L’intesa andrà poi approvata dal Parlamento britannico, dove May ha una maggioranza stretta, nonché dai Parlamenti degli altri 27 Paesi Ue e dal Parlamento europeo.

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