LONDRA – Si fa dura per Boris Johnson dopo le dimissioni del ministro del Lavoro Amber Rudd. Una decisione, quella della Rudd, giunta dopo le espulsioni dei 21 parlamentari Tory per aver votato in favore di un rinvio oltre il 31 ottobre dell’uscita del Regno dalla Ue per scongiurare un divorzio no deal.
Le dimissioni e l’attacco
Amber Rudd ha deciso di lasciare non solo il Governo, ma anche il Partito conservatore. Se ne va in malo modo con una lettera di dimissioni in cui attacca Boris Johnson affermando di “non ritenere più che il principale obiettivo di Johnson sia lasciare la Ue con un accordo”. Ha poi aggiunto che “l’espulsione di 21 parlamentari Tory avvenuta martedì come un attacco alla decenza e alla democrazia”.
La lettera
“Questa è stata una decisione difficile – ha scritto l’ex ministro nella missiva di commiato –, sono entrata nel suo Gabinetto in buona fede: accettando che il No Deal fosse sul tavolo, perché significava che avremmo le migliori possibilità di raggiungere un nuovo accordo per partire il 31 ottobre. Comunque, non credo più che l’uscita con un accordo sia il principale obiettivo del governo. Il governo sta spendendo enormi energie per prepararsi al No Deal ma non ho visto lo stesso livello di intensità nei colloqui con l’Unione Europea che ci ha chiesto di presentare soluzioni alternative al backstop irlandese”.
Gli epurati
Sono 21 gli epurati-ribelli dal gruppo parlamentare Tory ai Comuni. Il motivo è da ricercare nel voto insieme all’opposizione contro la linea di Johnson e in favore di un rinvio oltre il 31 ottobre dell’uscita del Regno dalla Ue. Il tutto per scongiurare un divorzio no deal. Un rinvio secondo Bori Johnson dal sapore della resa. Inoltre Johnson si è dichiarato pronto “a qualunque sfida pur di non sottoscriverne la richiesta di fronte a Bruxelles al prossimo Consiglio europeo”, che si terrà il 17-18 ottobre.