CASAL DI PRINCIPE – È andato nel dettaglio Nicola Schiavone. All’inizio della sua collaborazione con la giustizia, il primogenito di Francesco Schiavone Sandokan ha riferito ai magistrati della Dda di Napoli come era stato programmato l’ingresso della cosca nel business dell’eolico. Costituite due società offshore, con sede a Malta – una delle quali denominata Black Pearl – si sarebbe dovuto poi procedere alla fase operativa. Al centro dell’affare c’era la concessione in gestione di strumenti meccanici prodotti da una società americana, mentre le due aziende maltesi si sarebbero dovute occupare di distribuire e installare gli impianti sul territorio.
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L’origine di tali affari, ha spiegato Schiavone, era legata alle sue visite in Romania, dove iniziò a trattare con alcuni referenti di un’azienda americana attiva nel settore dell’eolico. In particolare, entrò in contatto con un imprenditore del Nord Italia che gli sarebbe stato indicato come referente dell’affare eolico nel Paese. Chi potrebbe aver fornito all’Antimafia eventuali riscontri – almeno parziali – a questi racconti è Francesco Barbato, detto ’o sbirro, fedelissimo di Nicola Schiavone. Anche lui, condannato all’ergastolo, ha intrapreso la collaborazione con la giustizia.
Perché diciamo che ’o sbirro potrebbe confermare? Perché Schiavone ha raccontato di aver delegato proprio il suo fidato a gestire i contatti nell’Est Europa. Ha esplicitamente dichiarato, infatti, che era lui, per suo conto, a mantenere i legami in Romania, dove aveva avviato le
relazioni per l’eolico e anche per le piattaforme di gioco online. Per sostenere finanziariamente chi in Romania si occupava di tali attività, Schiavone ha inoltre chiarito di aver fornito somme comprese tra i 30 e i 50 mila euro in varie occasioni. Poi, nel 2010, venne arrestato e – ha tenuto a specificare il figlio di Sandokan, collaboratore di giustizia dal 2018 – da allora non sa più come Barbato abbia eventualmente proseguito quelle operazioni.
L’eventuale approfondimento investigativo ha sicuramente cercato di chiarire i ruoli degli intermediari: chi ha aperto le società maltesi, chi le ha gestite per conto degli Schiavone e chi fosse l’imprenditore del Nord che avrebbe dovuto essere il partner dell’affare eolico. Da quando Schiavone ne ha parlato sono trascorsi circa sei anni e, almeno per ora, queste informazioni sul fronte dell’eolico non hanno prodotto risultati investigativi visibili.



















