Calenda-Pd, dem campani sul burrone

Foto Fabio Cimaglia / LaPresse

NAPOLI (Francesco Foco) – Nella casa democratica la tensione è alle stelle. E’ Carlo Calenda, leader di Azione, a tenere incredibilmente con il fiato sospeso tutto il Partito democratico dalla punta della Sicilia fino alla Lombardia passando per la Campania. Oggi infatti va in scena l’incontro tra Calenda ed Enrico Letta per decidere dell’eventuale accordo tra i due partiti e il perimetro dell’alleanza. Azione ha imposto ai dem dei paletti abbastanza rigidi, tra cui il divieto di candidare nei collegi uninominali Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana, Angelo Bonelli dei Verdi, Luigi Di Maio (tra l’altro a Pomigliano) ed eventuali fuoriusciti grillini o chi non ha votato la fiducia a Mario Draghi. Tradotto: o si presentano nei listini con liste autonome oppure se li deve caricare il Pd, come già avverrà con Articolo-1, Psi e Demos. La rabbia tra gli aspiranti parlamentari piddini è tanta. Sia per il modo con cui Calenda sta trattando sia, e soprattutto, per una questione di spazi. Ma quanti posti deve garantire il Partito democratico ad altre forze politiche che non vedono la soglia dello sbarramento del 3%? In queste ore nelle chat di tutti stanno girando numeri, foglietti, previsioni. Un vecchio dirigente di lungo corso della provincia di Napoli ha così chiosato: “Mi sembra la macchietta di Totò e del Paltò di Napoleone. Ma dove li prendiamo tutti questi seggi per gli altri? Dobbiamo mettere in lista anche Di Maio, Spadafora e soci?”. Dubbi legittimi. Perché in questo momento tra uninominali e ‘ospitate’ in lista i dem rischiano di perdere tante postazioni eleggibili. In Campania, ad esempio, tirare a bordo Di Maio significa perdere un seggio alla Camera in provincia di Napoli. A cui si aggiungono Federico Conte, Sandro Ruotolo e Arturo Scotto di Articolo-1. Ma anche Enzo Maraio del Psi così come Giuseppe De Cristofaro di Si o Francesco Emilio Borrelli dei Verdi. Se volessimo allargare il discorso ai renziani, per esempio, in fila ci sono Gennaro Migliore, Nicola Caputo, Francesco Iovino e il sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto. Nella partita, tra l’altro, ci sarebbe anche la lista di Clemente Mastella. E i collegi uninominali sono più che una incognita, visto che il M5S correrà da solo in competizione con il centrosinistra e Luigi De Magistris e Co stanno raccogliendo le firme per un listone della sinistra radicale. L’ex sindaco di Napoli è l’ennesima variabile indipendente che pesca voti dallo stesso campo. Intanto è furibonda la guerra dentro il Pd. Innanzitutto c’è l’ombra di Dario Franceschini che incombe: non ha fatto mistero, il super ministro, di gradire una candidatura al Senato da capolista nel capoluogo campano. Bisogna poi dividere i restanti seggi per correnti nazionali. E allora Base Riformista può contare su Piero De Luca a Salerno, riducendo lo spazio di manovra per l’uscente Lello Topo. L’area di Andrea Orlando in Campania ha tre esponenti: Antonella Pepe a Benevento, Camilla Sgambato a Caserta e il segretario di Napoli Marco Sarracino. Solo uno di loro potrà avere la candidatura in una posizione eleggibile nel listino bloccato. Scaldano i motori Bruna Fiola, Massimiliano Manfredi, Enza Amato e Loredana Raia: vogliono essere candidate, anche nell’uninominale. A Caserta si gioca una partita importante Stefano Graziano, per ora favorito su Gennaro Oliviero. Non mollano nemmeno Umberto del Basso de Caro, Valeria Valente e Paolo Siani, tutti uscenti. Sono già tantissimi per pochi posti. C’è sempre l’incognita del commissario Francesco Boccia e i deluchiani dietro l’angolo. Dover caricarsi altri per assecondare Calenda non fa piacere a nessuno.

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