Campania, sanità al collasso. Rivolta dei sindacati contro De Luca

Una sanità sull’orlo dell’abisso, una Regione Campania indisponibile al dialogo con i sindacati. A puntare il dito è una nota dell’intersindacale regionale della Dirigenza Medica e Sanitaria: Anaao Assomed, Cimo, Fassid, Aaroi Emac, Fp Cgil Medici e Dirigenti Sanitari, Fvm, Fesmed, Federazione Cisl Medici, Anpo Ascoti, Uil Fpl Medici. Le sigle parlano di “sistema sanitario regionale campano” che “rischia di crollare mentre i richiami all’attenzione sono inascoltati”.

Ricordano la vicenda, in Puglia, del medico morto di infarto in corsia, il 22 luglio, dopo 24 ore di lavoro. “Anche in Campania – sottolinea l’Intersindacale – si rischia di morire in corsia per il troppo lavoro, i turni sono massacranti, senza mai riposo e i colleghi carichi di lavoro rasentano oramai lo schiavismo”. I sindacati intendono “essere chiari, come sempre. Nelle condizioni lavorative di un medico ospedaliero non c’è nulla di umano, e con il periodo estivo, tra l’emergenza covid-19, e il numero di personale ancora più ridotto per ferie, si rischia il tracollo”.

In pratica “siamo alla macelleria lavorativa, tutto a discapito della buona Assistenza”. L’Intersindacale della dirigenza medica e sanitaria della Regione Campania si appella “alla cittadinanza tutta per richiamare l’attenzione su questa sanità insicura per i pazienti, ma anche per i medici e i sanitari. Altro che eccellenze questo è un disastro annunciato: una Waterloo sanitaria”.

Maurizio Cappiello, vicesegretario regionale Anaao in Campania

E Maurizio Cappiello, vice segretario regionale Anaao, rincara. “Siamo a un punto di un non ritorno, perché – dichiara – la grave carenza di personale – purtroppo frutto di una cattiva programmazione negli anni passati – adesso si manifesta in tutta la sua drammaticità”. L’elenco delle piaghe vede “ferie non godute, perché durante il Covid i colleghi hanno dovuto giustamente lavorare, erano stati precettati per l’emergenza pandemica; i pensionamenti; la fuga dagli ospedali, perché gli ospedali non sono più attrattivi per i medici, così come lo erano un tempo”.

Per cui “si giunge – afferma Cappiello – al disastro che è sotto gli occhi di tutti. Quel poco personale che rimane è costretto a fare il doppio, il triplo dei turni, rispetto a quelli che sono consentiti. Per cui lo stress lavorativo è talmente drammatico che ha avuto come epilogo – e non è il solo – la morte di un collega che ha lavorato addirittura 24 ore di fila”. Alla Regione Campania i sindacati rimproverano “tantissime cose. Innanzitutto una cattiva organizzazione del sistema, soprattutto legato all’emergenza. Poi una mancata programmazione, sulla falsariga di quello che è successo a livello nazionale, che ha determinato soprattutto un taglio dei posti letto, che non permette di poter ricoverare i pazienti, quindi con un sovraffollamento soprattutto nei pronto soccorso, e nell’area dell’emergenza in generale”.

Inoltre, “rimproveriamo una mancata gratificazione di tipo professionale e – dice Cappiello – di tipo retributivo di chi lavora nelle aree più disagiate, la mancanza di messa in campo di misure per la sicurezza innanzitutto degli operatori sanitari, una cosa drammatica, uno dei motivi per cui i colleghi – soprattutto in Campania – fuggono dagli ospedali, è perché c’è una mancanza di sicurezza sui luoghi di lavoro, da cui il fenomeno delle aggressioni, noto per i tanti casi di cronaca”.

In sostanza “queste sono quelle tre o quattro ragioni per cui la sanità campana vive questo disastro, e sono le motivazioni per cui noi più volte abbiamo fatto proposte, abbiamo invitato anche il governatore Vincenzo De Luca ad ascoltare le parti sociali, ossia i sindacati, ma non abbiamo mai avuto risposta. Io credo che le soluzioni debbano venire da chi il problema lo vive in prima persona, ma se non c’è un’interlocuzione con chi ci governa, ovviamente non si può fare una buona politica sanitaria”.

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