Caos scarcerazioni, Di Matteo: Bonafede mi propose di dirigere il Dap, poi cambiò idea. I boss erano preoccupati

Bufera sul ministro grillino

E’ stata la miccia. Il destino politico di un ministro passa per il sì (deciso dai giudici) alla scarcerazione di un Casalese. Purtroppo. I domiciliari concessi dal tribunale di Sorveglianza di Sassari a Pasquale Zagaria (ora ai domiciliari a Pontevico, in provincia di Brescia) hanno portato alle dimissioni di Francesco Basentini dal vertice del Dap. Ed ora, dopo le parole di Nino Di Matteo, a scricchiolare è la poltrona di Alfonso Bonafede.

Ieri sera, durante la trasmissione Non è l’arena (in onda su La7), mentre Massimo Giletti, Catello Maresca, Dino Giarrusso e gli altri ospiti trattavano di nuovo il caso Zagaria, è stato ricordato come nel 2018, prima di nominare Basentini a capo del Dap era stato fatto il nome di Di Matteo.

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A far chiarezza sul punto è stato direttamente Di Matteo, ora alla direzione degli Affari penali. Il magistrato siciliano ha chiamato in trasmissione per raccontare proprio come si era svolta quella ‘trattativa’.

Ha confermato che nel 2018 Bonafede lo aveva contattato per offrirgli l’incarico. Durante la conversazione aveva fatto cenno al grillino anche a delle intercettazioni tra detenuti al 41 bis che mostravano preoccupazione per una possibile nomina del siciliano al vertice del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Al ministro, prima di decidere, però, Di Matteo chiese 48 ore di tempo. Passarono i due giorni e quando si recò da Bonafede per dire che avrebbe accettato, Bonafde, ha ricostruito il magistrato, gli disse che per il Dap si era pensato ad un altro nome.

Anche il Guardasigilli, ascoltato Di Matteo, ha reagito chiamando in diretta Giletti. Stando alla sua ricostruzione dell’accaduto, ha detto che al magistrato aveva proposto di decidere tra il Dap e la direzione degli Affari penali. E quando lo incontrò gli spiegò che propendeva per gli Affari penali, incarico che era stato ricoperto pure da Giovanni Falcone e che considerava posto di frontiera nella lotta alla mafia.

L’esponente dell’esecutivo Conte ha aggiunto pure che ha sentito l’urgenza di intervenire in diretta perché non ci sta a far passare il messaggio che il no a Di Matteo come capo del Dap sia stato deciso per evitare potenziali rimostranze dei detenuti al 41 bis.

Il magistrato, prima di chiudere il collegamento, ha confermato la sua versione: “Ho esposto fatti, non ho fatto interpretazioni”.

Caos su caos. Ombre su ombre. E i domiciliari di Zagaria ora rischiano di innescare un effetto domino. Resta da chiarire qualche punto sulla vicenda. Cosa ha spinto Bonafede a fare marcia indietro su Di Matteo per il Dap? Ha pesato l’idea di assistere a delle reazioni scomposte nelle carceri, magari organizzate proprio dai padrini al 41bis, in caso di arrivo del magistrato antimafia alla direzione del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (Bonafede ha già risposto no)?

La questione non muore con Non è l’Areana. E che abbia contraccolpi sul ministro non è assolutamente da escludere. Resta da capire l’intensità degli effetti.

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