CAPUA – Appalti in cambio di sostegno elettorale: a garantire i voti sarebbe stato Ciccio ‘e Brezza, al secolo Francesco Zagaria, e a veicolare i lavori pubblici a ditte a lui riconducibili, invece, sostiene la Procura di Napoli, alcuni politici locali e tecnici che ora rischiano il rinvio a giudizio per turbativa d’asta e corruzione (l’udienza preliminare si celebrerà fra 2 settimane): si tratta di Carmine Antropoli, chirurgo e primo cittadino dal 2006 al 2016, Guido Taglialatela e Marco Ricci, ex consiglieri comunali, Francesco Greco, attuale capo dell’ufficio Tecnico del Comune di Capua, e Domenico Farina, imprenditore di San Prisco, ritenuto braccio destro e prestanome di Zagaria. Tra i candidati che Ciccio ‘e Brezza avrebbe aiutato alle Amministrative 2016 (perse, però, dalla cordata guidata Giuseppe Chillemi, supportata da Antropoli), ci sarebbe anche Simona Pragliola. A raccontarlo al pubblico ministero Maurizio Giordano è stato direttamente Zagaria (collaboratore di giustizia dal 2019). “Su richiesta di Guido Taglialatela appoggiai la campagna elettorale di Simona Pragliola, figlia di Gaetano che io conosco da molto tempo”. La giovane era nella lista Capua Fidelis, collegata al candidato sindaco Chillemi. “Il motivo per cui Taglialatela – ha dichiarato Zagaria – si rivolgeva a me per un supporto economico e per il reperimento di voti era molto semplice: come ho detto negli scorsi interrogatori, dopo il 2003 ero divenuto una persona di spessore camorristico molto forte agli occhi di Michele Zagaria (boss di Casapesenna, ndr), quindi mi aveva conferito il ruolo di responsabile per il suo clan a Capua, S. Maria C.V. e comuni limitrofi”.
Le dichiarazioni raccolte dal pubblico ministero sono tra gli atti di inchiesta che rischia di innescare un nuovo processo teso a far luce sui presunti rapporti tra amministratori locali e personaggi legati ai Casalesi. L’attività investigativa non ha tirato in ballo però i Pragliola (non sono indagati). Se la Dda ha deciso di inserire ugualmente tra i documenti dell’inchiesta le dichiarazioni in merito alla candidatura della giovane è perché dimostrerebbero il radicamento di Zagaria sul territorio capuano, la sua capacità di infiltrarsi nel tessuto politico locale diventando, secondo l’Antimafia, punto di riferimento criminale di alcuni amministratori.
Antropoli e Ricci dovranno affrontare nei prossimi mesi anche un processo d’Appello nato dall’inchiesta che, nel febbraio 2019, portò all’arresto proprio di Zagaria e dell’ex sindaco (fu scarcerato dopo 4 mesi) e che mise sotto indagine, a piede libero, Ricci e Taglialatela. A Ciccio’ e Brezza veniva contestata l’associazione mafiosa e la partecipazione all’agguato che portò alla morte, nel 2003, Sebastiano Caterino e Umberto De Falco, reati che gli sono costati una condanna a 17 anni e 8 mesi. I tre ex amministratori, invece, rispondevano di concorso esterno al clan: avrebbero stretto un patto politico-mafioso con Zagaria, garantendogli appalti in cambio di sostegno elettorale. Da questa accusa sono stati assolti (solo Antropoli e Ricci sono stati condannati per violenza privata ad un anno e otto mesi di reclusione). Contro il verdetto emesso dalla Corte d’assise di S. Maria C.V., il pubblico ministero Giordano ha presentato ricorso in Appello (la prima udienza deve essere calendarizzata) solamente in relazione alle posizioni di Antropoli e Ricci.
Nell’iter giudiziario che si trova ancora all’udienza preliminare (si torna in aula poco prima di Natale), saranno analizzate le ipotizzate turbative d’asta che i tre avrebbero commesso per favorire le ditte riconducibili a Zagaria e ad altri due imprenditori ritenuti contigui alla fazione Schiavone: i cugini Francesco e Vincenzo Verazzo. Logicamente tutti gli imputati citati sono da considerare innocenti fino ad un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile.