Milano (LaPresse) – Negli ultimi 10 anni il gettito per accise su prodotti energetici, loro derivati e prodotti analoghi è aumentato di 5,4 miliardi, passando dai 20,3 miliardi nel 2008 ai 25,7 miliardi nel 2017 (+26,6%). Lo rileva una ricerca del Centro Studi ImpresaLavoro realizzata su elaborazione di dati del Def e della Commissione europea. Lì si evidenzia come il prezzo della benzina in Italia sia oggi quarto più caro d’Europa. Con 1,623 euro al litro, il costo del nostro carburante è infatti dell’11,2% più alto di quello della media europea: il pieno in Italia costa il 5,2% in più rispetto alla Francia, il 10,1% in più rispetto alla Germania e addirittura il 26,3% in più rispetto all’Austria. Peggio, in Europa, fanno soltanto Olanda (1,688 euro al litro), Danimarca (1,671 euro) e Grecia (1,624 euro).
Le statistiche di ImpresaLavoro
Il prezzo pagato dai consumatori finali, segnala ImpresaLavoro, risente fortemente della componente relativa a tasse e accise. In Italia prelievo statale rappresenta infatti addirittura il 62,9% del prezzo finale contro il 59,9% della media europea, il 52,3% della Spagna, il 60,4% della Germania e il 61,5% della Francia. Un discorso analogo vale per il diesel. Con un prezzo di 1,501 euro al litro, è il secondo più caro d’Europa. Ci precede solo la Svezia con 1,548 euro al litro. In Italia un pieno costa quindi il 10,7% più della media europea, il 16,1% più della Germania e il 21,7% in più rispetto all’Austria. Anche in questo caso le tasse rappresentano una quota cospicua del prezzo finale: il 59,2% contro il 54,2% della media europea. Attualmente incidono sul prezzo del carburante ben 17 diverse accise, deliberate dal 1935 ad oggi.
“Questi numeri dovrebbero far riflettere, soprattutto nel momento in cui occorre reperire risorse utili a disinnescare le cosiddette clausole di salvaguardia“, osserva Massimo Blasoni, presidente del Centro Studi ImpresaLavoro. “Il nuovo governo dovrà infatti reperire ben 12,4 miliardi di euro per il 2019 per scongiurare l’incremento dell’Iva (dal 10% all’11,5% l’aliquota agevolata e dal 22% al 24,2% quella ordinaria) e delle accise“, prosegue l’impenditore, “in caso contrario, solo quest’ultima voce porterebbe alle casse dello Stato risorse aggiuntive per 350 milioni annui a partire dal 2020, facendo quindi salire il gettito oltre la soglia dei 26 miliardi. I rincari potrebbero quindi essere consistenti e non dimentichiamo che l’Iva si applica anche sulle accise”.