Carceri, Cartabia: “A Santa Maria Capua Vetere violenza a freddo, serve un intervento”

Quanto accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile del 2020 sono "fatti gravissimi", una "ferita alla dignità della persona, pietra angolare della nostra Costituzione".

Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

ROMA – Quanto accaduto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile del 2020 sono “fatti gravissimi”, una “ferita alla dignità della persona, pietra angolare della nostra Costituzione”. Il ministro Marta Cartabia ringrazia il Parlamento per aver averla chiamata a riferire sulle violenze ai detenuti inflitte nella casa circondariale partenopea e proprio davanti a deputati non nasconde la sua costernazione per accadimenti, dice il guardasigilli che “reclamano un’indagine profonda, perché si conosca quanto successo in tutti gli istituti penitenziari nell’ultimo drammatico anno, dove la pandemia ha esasperato condizioni già difficili per il sovraffollamento, per la fatiscenza delle strutture, per la carenza del personale e tanto altro”. Le immagini, che sono sotto gli occhi di tutti, per Cartabia “reclamano un’indagine profonda, perché si conosca quanto successo in tutti gli istituti penitenziari nell’ultimo drammatico anno, dove la pandemia ha esasperato condizioni già difficili per il sovraffollamento, per la fatiscenza delle strutture, per la carenza del personale e tanto altro”. Si è trattato “non di una reazione necessitata da una situazione di rivolta ma una violenza a freddo” rimarca il titolare di via Arenula, specificando che la nostra Costituzione è nata “dalla storia di un popolo che ha conosciuto il disprezzo del valore della persona e si pone a scudo e difesa di tutti, specie di chi si trova in posizione di maggiore vulnerabilità. Anche l’uso della forza, l’uso della forza da parte di chi legittimamente lo detiene, sia sempre strumento di difesa, di difesa dei più deboli. Mai aggressione, mai violenza, mai sopruso. E mai sproporzionato”.

Cartabia ripercorre i fatti, spiega che ora sono indagati a vario titolo gli appartenenti al corpo di polizia penitenziaria e all’amministrazione penitenziaria. Le accuse sono pesantissime: concorso in torture pluriaggravate, maltrattamenti pluriaggravati, lesioni personali pluriaggravate, falso in atto pubblico aggravato, calunnia, favoreggiamento, frode processuale e depistaggio. Tutti delitti che aggravati “dalla minorata difesa, dall’aver agito per motivi abietti o futili, con crudeltà, con abuso di poteri e violazione dei doveri inerenti alla funzione pubblica, con l’uso di armi, e dall’aver concorso nei delitti un numero di persone superiore alle cinque unità”. Il ministro spiega, atti alla mano, che i fatti si sono svolti “senza alcun provvedimento del Direttore del Carcere di Santa Maria Capua Vetere – unico titolare del relativo potere – e senza rispettare le forme e la motivazione imposte dalla legge”. Dalle indagini infatti risulta che l’ordine era stato dato ‘verbalmente’ “emanato a scopo dimostrativo, preventivo e satisfattivo, finalizzato a recuperare il controllo del carcere e appagare presunte aspettative del personale di Polizia Penitenziaria”, si legge nell’ordinanza del gip. “Contestazioni di una gravità inaudita, a cui si sommano ipotesi di falso”, tuona cartabia nell’aula della Camera. “Il totale complessivo delle unità di personale dell’Amministrazione sospese a vario titolo è pari a n. 75. Rimangono altri indagati, per i quali il Gip ha specificato che non v’è certezza della loro presenza. Per questo ha respinto la richiesta di misura cautelare. Su questi ultimi, attendiamo gli sviluppi dell’indagine, prima di altre valutazioni”, aggiunge.

Una vicenda, dunque, che porta in luce “troppe cose non hanno funzionato”, dice Cartabia che non nasconde quanto i fatti di Santa Maria Capua Vetere si “una sconfitta di tutti noi, per riprendere le parole del presidente Draghi. Al di là delle specifiche responsabilità penali, che sono sempre personali e che non possono e non devono mai ricadere su altri”. “Occorre far luce su quanto accaduto nelle carceri italiane nell’ultimo anno – sottolinea – L’amministrazione penitenziaria deve essere capace di indagare al suo interno. Deve capire ed essere essa stessa in grado di portare alla luce eventuali violazioni. I fatti di Santa Maria Capua Vetere, emersi solo a seguito degli atti dell’autorità giudiziaria denotano che questa capacità di indagine interna è mancata almeno in questa occasione”. Un contesto, quello carcerario, che manca di strutture idonee (Cartabia ricorda come nella struttura in esame manchi l’acqua potabile), di personale penitenziario scarso sia per quantità che per formazione. ” Il lavoro in carcere non può essere lasciato all’improvvisazione o alle doti personali. Occorre professionalità e per acquisirla è necessario investire molto sulla formazione permanente “, dice il guardasigilli. Tanto e tanto ancora da fare “i fatti di Santa Maria Capua Vetere hanno sollevato un velo sulle durissime condizioni delle carceri italiane. Il Governo ha visto, anche con la visita in prima persona del Presidente del Consiglio, i problemi del carcere e non vuole dimenticare”.

di Donatella Di Nitto

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