NAPOLI – Luci spente, ieri, negli edifici pubblici di ottomila Comuni italiani: così l’Anci, l’associazione che li riunisce, ha scelto di richiamare l’attenzione del governo sul caro bollette, primo e più tangibile effetto della crisi energetica mondiale. E’ un problema che riguarda tutti, dalle aziende, alle famiglie fino agli enti locali. Nei bilanci dei Comuni il costo dell’energia oscilla intorno al miliardo e ottocento milioni. Un rincaro stimato del 30 per cento non permetterebbe di chiudere i bilanci e potrebbero essere costretti a tagliare servizi essenziali, a cominciare dalla pubblica illuminazione che svolge un ruolo fondamentale anche in termini di sicurezza urbana. Due anni fa lo Stato ha ristorato i Comuni con sette miliardi di euro mentre quattro sono stati i miliardi ricevuti lo scorso anno. Quest’anno non hanno ancora ricevuto nulla: basteranno gli annunciati ulteriori quattro miliardi di euro che Roma si appresta a mettere a disposizione? Nutre molti dubbi in proposito il presidente dell’Anci Campania, nonché sindaco di Caserta, Carlo Marino.
Spegnere le luci è un gesto forte di protesta, ma non lo si può fare sempre. L’elettricità nei Comuni serve a farli funzionare. Il gas a riscaldare gli uffici. Come farete a pagare bollette raddoppiate?
Il caro bollette, a causa delle fluttuazioni del mercato dell’energia, sta colpendo in modo molto severo le imprese, le famiglie ma anche gli enti pubblici, a partire dai Comuni. Ciò significa che, nel caso la situazione perdurasse senza lo stanziamento di risorse ingenti, gli enti locali avrebbero difficoltà serie a garantire servizi pubblici essenziali come il riscaldamento nelle scuole, biblioteche, uffici comunali. Come Anci stimiamo che per le amministrazioni comunali vi sarà un aggravio di almeno 550 milioni di euro, su una spesa complessiva annua per l’energia che oscilla tra 1,6 e 1,8 miliardi di euro. Se il Governo non interverrà in maniera sostanziosa l’unica alternativa percorribile diventerebbe il rialzo delle imposte comunali o il taglio dei servizi per consentire la sostenibilità dei bilanci dei municipi. E questo non farebbe che allontanare sempre più i cittadini dalle istituzioni di prossimità e alimentare la disaffezione democratica.
Ci sono anche i costi della pubblica amministrazione. A quanto ammonta questa voce nel suo Comune, Caserta?
Siamo in linea con gli aumenti di costi delle altre città medie della nostra Regione. In questi giorni stiamo lavorando sul bilancio di previsione e faremo di tutto per assicurare i servizi ai cittadini e le attività amministrative del Comune.
Caserta è in dissesto finanziario e lo stesso vale per tantissimi altri comuni campani dove già garantire l’ordinaria amministrazione è un miracolo. Stavolta però la situazione sembra davvero complicata…
Nonostante il dissesto, noi siamo riusciti a risanare con tanti sacrifici le finanze comunali: abbiamo sempre garantito tutti i servizi, si sono completati progetti e opere con fondi extra bilancio grazie ad una grande capacità di reperire finanziamenti comunitari, nazionali e regionali. Torniamo a guardare con ottimismo il futuro e grazie ai fondi del Pnrr – il Comune di Caserta è riuscito finora a ottenere risorse per quasi 50 milioni – renderemo sempre più moderna e sostenibile la nostra città.
Cosa chiedete per avere almeno una boccata d’ossigeno?
Serve uno stanziamento maggiore di aiuti a famiglie, imprese ed enti locali. Come Anci nazionale abbiamo in corso un’interlocuzione con il ministro dell’ambiente Cingolani e con la ministra per le autonomie locali Gelmini per avviare maggiori investimenti in fonti rinnovabili. Ma intanto c’è da tappare il buco e intervenire subito perché la crisi energetica si riverbera sull’inflazione e quindi sui mutui, sul potere di acquisto delle famiglie e sul costo della spesa alimentare.
Dalle conseguenze economiche della crisi energetica nessuno è escluso. Teme ripercussioni gravi sul piano sociale?
Già ci sono, sono sotto gli occhi di tutti. Il covid ha già costituito una mazzata per tante famiglie e molti settori economici. Il caro bollette colpisce tutti indistintamente, ma in maniera più forte commercio e piccole imprese che hanno visto raddoppiare la loro bolletta. Covid e crisi energetica rischiano di disarticolare il tessuto economico, peraltro già fragile, del Mezzogiorno. Anci incalzerà in queste ore il governo perché faccia il massimo sforzo e non lasci davvero nessuno indietro.
Forse ci si è mossi troppo tardi, e pure male, visto che altrove, vedi la Francia, non si è nelle stesse, drammatiche condizioni?
Il governo è rimasto attardato dalle discussioni sul Quirinale e dallo sfilacciamento di alcune componenti politiche. Si sono persi di vista i temi reali, quelli che impattano sulla vita delle persone. Sicuramente occorreva una maggiore tempestività nelle decisioni, ma se guardiamo Oltralpe bisogna considerare che la Francia gode di una situazione strutturale diversa da quella italiana: ha un parco nucleare che costituisce oltre il 70% della sua produzione energetica, oltre che al controllo diretto da parte dello Stato sull’EDF, l’equivalente della nostra Enel, in grado di determinarne strategie e indirizzi. Il nostro mix energetico, invece, dipende maggiormente dall’estero oltre che dalle variazioni dei mercati, ciò influisce sui costi delle bollette. Occorre riflettere sul futuro con molta serietà partendo da tre dati: il primo è che i consumi pro-capite di energia elettrica sono aumentati del 5,5% e quelli di gas dell’8,9%. Il secondo è che l’efficienza energetica dei nostri edifici, a partire da quelli pubblici, è molto scarsa. Il terzo è che il contributo delle rinnovabili alla produzione energetica primaria è di poco superiore al 5%, e sia nell’eolico, che soprattutto nel solare termico e nel fotovoltaico, siamo stati largamente distanziati da Paesi come la Germania e la Spagna. In testa dobbiamo perciò avere un nuovo modello con efficienza e rinnovabili visti come pilastri della strategia di medio periodo.