Casal di Principe. Gli spari in via Bologna esplosi da una Ford B-Max

I buchi dei proiettili nel cancello d'ingresso dell'abitazione di Emanuele Libero Schiavone, figlio del boss Francesco detto Sandokan, recentemente diventato un collaboratore di giustizia. © foto Libra Editrice Scarl 2024
I buchi dei proiettili nel cancello d'ingresso dell'abitazione di Emanuele Libero Schiavone, figlio del boss Francesco detto Sandokan, recentemente diventato un collaboratore di giustizia. © foto Libra Editrice Scarl 2024

CASAL DI PRINCIPE – Intercettazioni e telecamere hanno permesso ai carabinieri della Compagnia di Casal di Principe, coordinati dai pm Vincenzo Ranieri e Simona Belluccio della Dda di Napoli, di tracciare la sequenza di quello che è a tutti gli effetti è stato un attacco agli Schiavone. In piazza Mercato, a pochi passi dal bar Borriello, intorno alle 23 e 50 del 7 giugno scorso, da una Ford B-Max viene esplosa in aria una raffica di mitra. Pochi minuti dopo, la stessa vettura passa in via Bologna, in direzione via Italia: chi sedeva sul lato anteriore passeggeri esplode una prima raffica verso il portone. Poi, alla fine della strada, fa un’inversione e ripassa per via Bologna. In questo caso, si ferma davanti all’ingresso della casa dove vivono Emanuele Libero Schiavone e il fratello Ivanhoe per esplodere una seconda raffica (nella foto a sinsitra). Il tutto, sostengono gli investigatori, per dare un chiaro messaggio a Sandokan Jr., che subito dopo essere scarcerato aveva deciso, nonostante il pentimento del padre Francesco Sandokan, fondatore del clan dei Casalesi, di provare a farsi spazio nelle attività illecite.

Alle 23 e 59 di quello stesso giorno, si registra l’ingresso di Francesco Reccia, figlio di Oreste (sanciprianese e storico esponente del clan), in casa Schiavone in compagnia di due donne. Reccia viene inquadrato dalle telecamere installate dai carabinieri poggiando la mano destra all’altezza del fianco destro con l’atteggiamento tipico di chi ha un’arma sotto la maglietta, pronto a estrarla. E a dare prova della presenza di armi, in quella notte, in casa Sandokan, sono anche i rumori di scarrellamenti e riferimenti proprio ad armi che gli occupanti dell’abitazione hanno fatto in relazione ai raid. Temevano un’altra reazione dagli avversari ed erano pronti a difendersi.

Preso atto di essere sotto attacco, Emanuele Libero dice a Francesco: ‘Senza che parliamo. Dobbiamo andare a Napoli…’. Probabilmente per chiedere aiuto e protezione ad agganci partenopei, dove ha messo radici Ivanhoe, il fratello. Infatti, i carabinieri arrestano Sandokan Jr. e il sanciprianese proprio a Napoli, al Pallonetto di Santa Lucia. Nel ‘basso’ dove erano nascosti, hanno trovato anche 11mila euro in contanti.
Emanuele Libero e Francesco Reccia, assistiti dagli avvocati Paolo Caterino e Domenico Della Gatta, sono in carcere per detenzione e porto illegale in luogo pubblico di armi da sparo con l’aggravante mafioso: sono semiautomatiche che i due, dice la Dda, erano pronti a usare in una guerra contro la banda rivale desideroso di impedire loro di farsi spazio nei business illeciti ancora attivi a Casale.

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