CASAL DI PRINCIPE – C’è un elemento che ritorna con costanza nelle indagini dell’Antimafia: il ruolo, decisivo e al tempo stesso, a volte, controverso, dei collaboratori di giustizia. Le loro dichiarazioni non devono essere considerate verità assoluta, ma, logicamente, vanno vagliate, riscontrate e, quando appaiono genuine, possono costituire indizi, spunti e possibili riscontri che si intrecciano con le attività investigative già condotte. Un indicatore per capire se si tratta di pentimenti importanti o meno è anche la reazione che suscitano all’interno delle organizzazioni criminali. Quando un affiliato decide di parlare, i compagni di un tempo sanno che il rischio è enorme, perché quelle parole potrebbero scalfire la solidità di un’intera cosca. E questo genera paura, apprensione tra gli affiliati che vogliono restare fedeli alle logiche mafiose. Un caso emblematico è quello che ha visto protagonista Nicola Gargiulo, detto Capitone, di Lusciano.
Secondo la ricostruzione dei carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa, agli atti della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, la decisione di Antonio Lanza, detto Piotta, di intraprendere (era il 2023) la collaborazione con la giustizia aveva agitato i vertici del clan dei Bidognetti. Gargiulo, che non è un uomo qualunque nell’organigramma del gruppo – poco dopo essere stato scarcerato venne designato da Gianluca Bidognetti Nanà, di Casal di Principe, figlio del capo storico Cicciotto ’e mezzanotte, a guidare la cosca (mentre lui era ancora detenuto presso il carcere di Terni). Una nomina che sanciva di fatto la centralità di Capitone negli affari del clan. È in questo quadro che, nel febbraio 2023, Gargiulo si sarebbe presentato con la moglie a casa dei genitori della compagna di Lanza. Secondo quanto verbalizzato dai familiari della donna, l’intento era chiaro: verificare se davvero l’ex affiliato avesse iniziato a collaborare. “È vero che Lanza Antonio sta collaborando con la giustizia?”, avrebbe chiesto Gargiulo, stando a quanto riportato agli investigatori dai parenti della compagna di Piotta, che lo riconobbero senza esitazioni in un fascicolo fotografico mostrato dai carabinieri.
Un gesto che, per gli investigatori, non è solo la conferma del timore che la voce di un pentito possa squarciare i segreti del clan, ma anche l’indicazione del livello di attenzione che le cosche riservano a ogni movimento dei loro ex compagni. La collaborazione di Lanza, infatti, avrebbe potuto toccare direttamente Gargiulo e le attività svolte per conto dei Bidognetti (ed è accaduto). E la preoccupazione, in casi del genere, diventa quasi sempre immediata. Oggi Gianluca Bidognetti è detenuto in regime di 41 bis, mentre lo stesso Gargiulo, che aveva raccolto l’eredità della guida della cosca, è stato riarrestato nei mesi scorsi.