CASAL DI PRINCIPE (Alessandro Gala) – Giustizia. Niente di più, niente di meno. Con la voce rotta dal dolore, con un tono che è un misto di delusione e rabbia, con il dramma che solo una madre che ha perso un figlio può comprendere, la pretende, Nunzia Covelli (nella foto con il figlio), mamma di Ciro Modugno, il ragazzino di 15 anni che, la sera del 10 ottobre scorso, è stato travolto e ucciso da un’auto in corsa mentre era in sella al suo scooter. Nella giornata di giovedì, chi era alla guida della vettura, il 30enne di Casale Pietro Capoluongo, è stato condannato in primo grado ad una pena di 7 anni e 4 mesi di reclusione. Punizione che oggi sta scontando ai domiciliari e che Nunzia non accetta. “Questa non è giustizia, è una vergogna. Deve andare immediatamente in carcere”, ha detto la donna a Cronache nel giorno successivo alla sentenza. Parole forti, di disperazione, quelle della mamma di Ciro: “Siamo anche disposti ad accettare i 7 anni e 4 mesi, ma deve scontarli in galera, non possiamo aspettare altro tempo. Mio figlio aveva 15 anni, è stato ammazzato in modo crudele; mi dessero almeno la dignità, la tranquillità di avergli dato giustizia dopo averlo sepolto sei mesi fa”. Giorni di inferno quelli che Nunzia vive con la famiglia da quel tragico 10 ottobre: “Vivo in cimitero ormai, e non sto bene. La mia famiglia è distrutta, ho altri due figli da crescere. E intanto chi ha ammazzato Ciro è a casa sua, è inaccettabile”, ha ribadito la donna. Facendo un passo indietro, è domenica 10 ottobre quando in Corso Umberto, nei pressi della villa comunale di Casal di Principe, un violento incidente attira l’attenzione di tutti. A terra c’è un ragazzo, il suo scooter poco più avanti. Stando alla ricostruzione delle forze dell’ordine, intervenute sul posto, il 30enne avrebbe invaso la corsia opposta al suo senso di marcia, travolgendo il ragazzino in sella al suo motorino. Sul luogo dello schianto gli operatori del 118 che hanno cercato di tenerlo in vita. Il giovane è stato trasportato all’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta, ma già in uno stato di morte cerebrale. Nelle ore successive al ricovero si è cercato di fare il tutto per tutto per salvarlo, ma non c’è stato nulla da fare e ha esalato l’ultimo respiro nel pomeriggio dell’11 ottobre. “Usciva da casa da soli due mesi, e hanno provato – dice Nunzia – anche ad infangare il suo nome con mille scuse, tutte decadute per fortuna davanti al giudice. Chi lo ha ucciso correva ad alta velocità, sotto effetto di stupefacenti e alcol, e non si è nemmeno fermato. Cosa racconto io ai miei figli, che è stato condannato solo a 7 anni è non è finito nemmeno in carcere? Ho avuto fin da subito fiducia nella legge, ma ora mi sento sola e abbandonata dalla giustizia e dallo Stato. Lui un giorno finirà di scontare la sua pena, mentre io non vedrò mio figlio crescere e diventare un uomo. E’ ora di dire basta devono esserci pene severe per questi reati, la legge in materia deve cambiare e dobbiamo essere in tanti a lottare. Invece noi mamme non solo dobbiamo piangere i nostri figli, ma pure combattere da sole. Lo Stato dovrebbe intervenire, ma purtroppo siamo in Italia”. A chiedere il carcere per Capoluongo è anche l’avvocato che ha difeso la famiglia del giovane Ciro, Nicola Martinelli: “Abbiamo chiesto sin da subito che fosse riconosciuto il dolo piuttosto che la colpa. Fortunatamente giovedì il magistrato ha erogato quasi il massimo della pena. Noi – dice a Cronache – ora chiediamo la certezza di questa pena, che venga scontata in carcere, perché sarebbe troppo facile passarla ai domiciliari. Lui non ha mai dato segno di redenzione, per questo ora intervenga la procura per dare esecuzione materiale alla sentenza”.
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