CASAL DI PRINCIPE – Il boss dei Casalesi Nicola Alfiero gestiva le estorsioni nel settore dei lavori pubblici a Mondragone, feudo dei La Torre, versando all’organizzazione dei mondragonesi una percentuale del 50% dei proventi. Per Nicola Alfiero sarebbe stata acclarata la sua appartenenza al clan La Torre dal 2001 al 2002, in epoca successiva alla precedente partecipazione al medesimo clan negli anni dal 1990 al 1997 accertata dalla Dda anche come elemento di collegamento col clan dei Casalesi.
E’ anche emersa la sua partecipazione ad attività estorsive, provata dalle concordi dichiarazioni del collaboratore di giustizia Augusto La Torre, capo dell’associazione camorristica. Per La Torre Alfiero si era accordato col clan per assicurarsi la gestione delle estorsioni nel settore dei lavori pubblici a Mondragone in cambio di una tangente da versare all’organizzazione malavitosa locale pari al 50% dei proventi). Rilevante fu il ruolo svolto da Alfiero nel periodo di latitanza di Giuseppe Fragnoli, all’epoca reggente del medesimo clan. Una percentuale molto elevata quella che Alfiero per conto dei Casalesi versava ai La Torre in quanto la cosca dei Mondragonesi trattavi alla pari con i Casalesi stessi.
E’ quanto emerge dalle motivazioni della sentenza depositata l’altro ieri dalla Cassazione. Il 61enne esponente dei Casalesi, attualmente detenuto, insieme ad altri aveva presentato ricorso alla Suprema Corte contro un verdetto in Appello. Il ricorso per lui è stato dichiarato inammissibile. Alfiero, esponente della cosca dei Bidognetti, in carcere da 15 anni, era una sorta di boss-manager.
Teneva contatti non solo con i mondragonesi ma anche con gli Esposito di Sessa Aurunca. I proventi delle estorsioni per i Casalesi relativamente ai lavori che per gli appalti pubblici a Mondragone fruttavano comunque, nonostante la metà finisse nelle casse dei La Torre, ingenti somme di denaro. Motivo: il litorale mondragonese era oggetti in quegli anni a ingenti investimenti per eseguire lavori e interventi con soldi pubblici. Una piazza appetibile che unitamente a quella del litorale domizio tra Cellole e Sessa Aurunca consentiva ai Casalesi di poter controllare ingenti volumi di affari legati soprattutto alle attività balneari. Con il tempo e dopo l’arresto di Alfiero il rapporto tra le tre cosche dei Casalesi, dei Muzzoni di Sessa Aurunca e i La Torre di Mondragone è venuto in buona parte meno così come il controllo degli affari illeciti nel suo complesso da parte della camorra.
La Suprema Corte ha respinto anche i ricorsi di Giovanni Bova, Angelo Gagliardi, Francesco Miraglia, Mattia Sorrentino ed Ernesto Cornacchia, tutti di Mondragone. Un territorio quello tra Mondragone, Castelvolturno e Sessa Aurunca che storicamente è sempre stato appannaggio dei Casalesi dei Bidognetti. Le estorsioni erano il loro punto forte. Lavori e appalti pubblici il piatto preferito della vecchia guardia della cosca che stringeva intese con altre cosche a cui doveva versare parte delle somme incassate ma che gli permetteva di controllare una vasta area con molteplici attività economiche e molti soldi pubblici per i lavori.