ROMA – Quello dei Casamonica è un clan di mafia. Ne sono convinti i giudici del maxi processo che a Roma hanno condannato oltre 40 imputati a pene complessive che superano i 400 anni di carcere. La sentenza arriva nell’aula bunker di Rebibbia, dopo sette ore di camera di consiglio, e chiude il primo grado del procedimento scaturito dall’operazione ‘Gramigna’ del 2018 e altre successive che scoperchiarono crimini e affari del gruppo.
Condannato a 30 anni Domenico Casamonica, a 20 anni e 6 mesi Giuseppe Casamonica, a 12 anni e 9 mesi Luciano Casamonica, a 25 anni e 9 mesi Salvatore Casamonica, a 23 anni e 8 mesi Pasquale Casamonica e a 19 anni e 4 mesi Massimiliano Casamonica. Per tutti e sei l’accusa chiedeva 30 anni di carcere, con accuse, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso dedita al traffico e allo spaccio di droga, all’estorsione, l’usura, la detenzione illegale di armi e tanto altro.
“Una decisione molto importante”, evidenzia il procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia, Ilaria Calò, che ha coordinato le indagini insieme al procuratore capo Michele Prestipino e ai pm Giovanni Musarò e Stefano Luciani.
Le indagini, condotte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Frascati, partono nell’estate del 2015 e documentando “l’esistenza di un’associazione mafiosa autoctona strutturata su più gruppi criminali, prevalentemente a connotazione familiare”, scrivono gli inquirenti. Il gruppo controlla lo spaccio di tutta l’area sud-est della città, ha nella zona di Porta Furba il suo quartier generale e forti legami con altri gruppi di mafia, a cominciare da Ndrangheta e Camorra.
Il procedimento si è avvalso di una collaboratrice di giustizia, per anni parte della ‘famiglia’, ex cognata del boss Giuseppe, il cui apporto è stato fondamentale per ricostruire i traffici di droga, le attività di usura ed estorsione, le minacce del clan e i ruoli apicali e secondari al suo interno.(LaPresse)