CASTEL VOLTURNO – Un ruolo silenzioso ma prezioso per il clan Bidognetti. Quale? Quello di garante logistico. Chi lo avrebbe ricoperto Antonio Fusco (nella foto), detto Lupin, uomo d’affari di Castelvolturno, ora in carcere con l’accusa di associazione mafiosa. Non armi, non azioni eclatanti, ma case. Abitazioni da mettere a disposizione quando c’era bisogno di offrire riparo a chi, orbitando nell’area di influenza della cosca, aveva necessità di scomparire per un po’ dai radar. Il caso più emblematico emerso nell’inchiesta condotta dai carabinieri che ha portato Fusco dietro le sbarre riguarda Antonio Stabile, ritenuto legato ad ambienti camorristici napoletani e nipote di Anna Carrino, ex moglie del boss Francesco Bidognetti e oggi collaboratrice di giustizia.
Dopo una stesa subita a Miano, che lo rese vulnerabile e costretto a lasciare in fretta il quartiere, Stabile avrebbe trovato rifugio a Castel Volturno, in un appartamento riconducibile proprio a Fusco. Secondo gli investigatori, non si trattò di un gesto isolato: la sistemazione fu
garantita con l’avallo dei vertici del gruppo bidognettiano e sotto la regia di Nicola Sergio Kader, referente della cosca per le questioni logistiche sul territorio. In quell’abitazione, spiegano gli inquirenti, trovò posto anche Giovanni Stabile, fratello di Antonio, a conferma di una protezione familiare assicurata dal clan attraverso le disponibilità immobiliari di Fusco. E ancora, i carabinieri citano la vicenda di
Salvatore Quaranta, altro soggetto ritenuto dagli investigatori orbitante nell’area bidognettiana (anche se ha una condanna per
spaccio), che avrebbe potuto contare sulla stessa rete di ospitalità.
Pure in questo caso, l’appoggio sarebbe arrivato tramite la disponibilità di un immobile a Castel Volturno riconducibile a Fusco, sempre sotto la regia logistica di Kader. L’attività investigativa ha fatto emergere pure le preoccupazioni di alcuni sodali, timorosi che la presenza di Quaranta – reduce da vicende personali e contrasti irrisolti – potesse attirare problemi e attenzioni indesiderate. Ma, nonostante i rischi, Fusco avrebbe dato ugualmente disponibilità, rafforzando agli occhi degli inquirenti la sua funzione di snodo logistico per il gruppo.
Le intercettazioni raccontano anche il clima di tensione che quella presenza creò all’interno del clan. In un colloquio captato dai carabinieri con Vincenzo D’Angelo, ritenuto co-reggente del gruppo Bidognetti (ora collaboratore di giustizia), emergono chiaramente le preoccupazioni legate all’ospitalità concessa agli Stabile. Fusco, di fronte a quei timori, risponde in modo che lascia trasparire la consapevolezza del
rischio: ‘Meglio che ce l’ho sfitto l’appartamento, mi sento più tranquillo’, osserva l’imprenditore, facendo intendere che ospitare certi inquilini significava esporsi a conseguenze dirette.
Per gli investigatori, però, il punto non è la singola frase, ma il contesto: la disponibilità reiterata di Fusco a garantire ospitalità, nonostante i rischi, dimostra – secondo l’accusa – una vicinanza stabile agli interessi del gruppo Bidognetti. Un contributo che non appare marginale, perché nella logica di una cosca la possibilità di muovere uomini, nasconderli, proteggerli dopo attentati o minacce esterne è tanto importante quanto il controllo militare del territorio. L’inchiesta mostra così la faccia meno appariscente ma altrettanto incisiva del potere
camorristico: quella che poggia su professionisti e imprenditori disposti a offrire appoggi e coperture. Nel caso di Fusco, gli inquirenti parlano di immobili trasformati in ‘basi logistiche’ del clan, tasselli fondamentali per consentire al gruppo di mantenere la propria operatività.
Resta ora il nodo giudiziario. L’ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di Napoli e confermata dal Riesame è stata annullata con rinvio dalla Cassazione. Una nuova sezione dovrà dunque riesaminare se vi siano elementi sufficienti per mantenere Fusco (da considerare innocente fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile) ancora in cella.