NAPOLI – La faida di camorra a Pianura ha un nuovo obiettivo e un altro campo di battaglia: la piazza di spaccio in via Escrivà. Il maxi blitz di luglio ha decimato le organizzazioni criminali, mutato gli scenari, ma non la sostanza. E mentre gli inquirenti lavorano per chiudere il cerchio sugli assassini di Andrea Covelli, i clan continuano a farsi la guerra nonostante le manifestazioni di protesta degli abitanti. Il nuovo fronte è stato allestito in via Josè Maria Escrivà, zona conosciuta come Case Gialle, strada che si candida a essere cerchiata in rosso sulla cartina geocriminale della periferia occidentale. Una via che era rimasta ai margini della contesa tra cosche, anche nel punto più critico della faida, ma che oggi risulta centrale, con la piazza di spaccio – aperta h24 e sotto gli occhi di tutti – che resiste alle retate delle forze dell’ordine.
E’ da lì che arriva l’ultimo episodio ascrivibile alla guerra di camorra tra gli eredi delle storiche organizzazioni criminali. La scorsa notte, i carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Bagnoli sono intervenuti al civico 123 dell’isolato 50 perché poco prima ignoti avevano esploso dei colpi d’arma da fuoco.
Rinvenuti e sequestrati sull’asfalto due bossoli calibro 12 e un foro di proiettile in una finestra di un’abitazione. Il caso è affidato agli investigatori dell’Arma, che lavorano a stretto contatto con il pool anticamorra napoletano.
I riflettori della Dda illuminano Pianura. L’episodio segue di circa 24 ore l’intervento degli agenti di polizia in via Monet. Nella notte precedente, infatti, quella tra mercoledì e giovedì, i residenti avevano allertato il 113 segnalando l’esplosione di colpi di arma da fuoco. Giunti sul posto, i poliziotti non avevano però trovato riscontri alla richiesta di aiuto. Lo stesso era successo nella notte tra sabato e domenica. Copione identico: al loro arrivo, le forze dell’ordine non hanno trovato elementi su cui investigare. Il motivo dell’accanimento dei pistoleri contro via Claude Monet è semplice: lì vive Enzo Romano (nel riquadro), pezzo da novanta della criminalità organizzata della periferia occidentale napoletana, figlio del boss Giuseppe Marfella, fratello di Christian Marfella, ras dei De Luca Bossa di Ponticelli, e di Salvatore Marfella. Romano è tornato nel quartiere a metà settembre dopo sette anni di carcere. Ha scontato la sua pena. Ma se per la giustizia è un uomo libero, per chi frequenta gli ambienti criminali il suo ritorno ha un peso considerevole. Messa alle spalle la detenzione, Romano ha trovato uno scenario del tutto nuovo: a farsi la guerra oggi, invece dei Pesce–Marfella e dei Mele, sono i Carillo–Perfetto e i Calone–Esposito–Marsicano. Sono cambiati gli assetti, le strategie, ma anche i personaggi. Persino la geografia del quartiere. Romano vive con la madre in una zona abitata perlopiù dagli avversari dei Pesce-Marfella. Gli investigatori esaminano con la massima attenzione la nuova mappa e le recenti scarcerazioni, per capire cosa stia accadendo a Pianura. Che la presenza di Romano non sia gradita da qualcuno, lo raccontano le segnalazioni di spari delle scorse sere. Che i gestori della piazza di spaccio in via Escrivà (la famiglia Gaetano, legata alla mala della ‘44’ del Rione Traiano) sia sotto attacco, ne è conferma la raffica di proiettili di ieri notte.
I Gaetano nel mirino del clan
Nelle pagine dell’ordinanza che a metà luglio ha colpito la mala di Pianura, si leggono un paio di passaggi sulla piazza di spaccio delle Case Gialle di via Escrivà, gestita dalla famiglia Gaetano. Da una conversazione intercettata dagli investigatori, datata 5 novembre 2021, emerse il controllo accurato dei vari gestori delle piazze di spaccio da parte dei Calone–Esposito–Marsicano, che sistematicamente li convocavano per esercitare nei loro confronti pressioni e minacce affinché adempiessero alle disposizioni impartite. “Tutti quelli che ci stanno devono venire tutti quanti qua devono venire, li devo schiattare a tutti quanti”, il diktat di Emanuele Marsicano, genero di Carlo Esposito, detto ’o chiatto. “Quelli là delle piazze che ci pagano lascia stare – precisò Marsicano a Paolo Ciotola, anche lui arrestato il 14 luglio – Quelli là che non ci pagano cinquecento ma trecento curo”. “Dobbiamo chiudere tutte le piazze nostre, basta – urlò un seccato Marsicano – Qua per duecento euro devono buscare otto-novecento euro su di noi, Santopaolo abbusca sette-ottocento euro alla settimana. Oh, ma che dobbiamo fare gli scemi! Ma quando mai. Nessuno lavora più mo’! Questa è la giornata pure di quelli delle Case Gialle, è la giornata di tutti quanti”. Qualche mese prima, nel luglio 2021, fu Anthony Lopes, catturato dieci giorni dopo il maxi blitz di due mesi fa in un hotel a Casavatore, a parlare, in maniera indiretta, della piazza di spaccio delle Case Gialle: “Quello scemo di Emanuele Gaetano… ’o frat ha avuto un contrattempo, ci vediamo lunedì. Glielo dico ‘frate’ muoviti’”, disse a Ciotola. Alla conversazione era presente anche Carlo Esposito: “Diglielo, fallo venire un attimo qua, passa un attimo qua però, diglielo, ‘vieni un attimo qua che ti devo fare un’imbasciata’”. “E poi deve portare due e cento, il resto delle settimane che deve portare – aggiunse Simone Trimarco, ritenuto affiliato al clan – E poi dalla settimana prossima se vuole lavorare, cento grammi e mille euro a settimana”. “Se no può pure morire”, le parole pronunciate da Esposito. Che dichiarò di avere intenzione di farsi sentire con “quello nelle Case Gialle”: “Si deve prendere il chilo di fumo e deve posare i cinquecento a settimana”, l’ordine di ’o chiatto.
© RIPRODUZIONE
RISERVATA