CASERTA – Dopo quella sparita dal covo di Michele Zagaria il 7 dicembre 2011, dopo quella che il 3 aprile del 2014 fu trovata in una borsa nel bagagliaio di un’auto dell’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino (conteneva informazioni riservate sui presunti rapporti tra il clan Puca e Luigi Cesaro), un’altra pen drive torna ad essere protagonista (indiretta) di un’ennesima indagine che intreccerebbe politica e malaffare. Una pen drive che mette in connessione, questa l’ipotesi della Procura di S. Maria Capua Vetere, un pugliese con uno dei politici di punta a Caserta di Vincenzo De Luca, Giovanni Zannini (accusato di corruzione). E quel dispositivo avrebbe contenuto documenti in grado di informare il consigliere regionale di Mondragone, presidente della commissione Ambiente, dell’inchiesta che era stata aperta a suo carico. Insomma, un tentativo di aiutare il mondragonese e ostacolare lo svolgimento dell’inchiesta.
Ipotizzate azioni per ostacolare il lavoro degli investigatori sarebbero emerse anche in un’altra inchiesta collegata a quella su Zannini, ci riferiamo all’indagine che riguarda Giorgio Magliocca (accusato di corruzione), il presidente della Provincia di Caserta e sindaco di Pignataro Maggiore dimissionario. In questo caso non c’entra una pen drive, ma supposti avvertimenti che un imprenditore di Grazzanise, Mattia Parente, dicono i magistrati Giacomo Urbano e Gerardina Cozzolino (titolari dell’inchiesta), gli avrebbe fornito su attività di intercettazione che lo riguardavano. E a fornire notizie top secret all’uomo d’affari sarebbe stato, stando alla tesi degli inquirenti, il cugino Giuseppe, finanziere in servizio in Procura proprio presso l’ufficio intercettazioni.
Inchieste a ostacoli
Insomma, stando a quanto tracciato dai magistrati coordinati dal procuratore Pierpaolo Bruni, ci troviamo dinanzi filoni della stessa inchiesta (che hanno un peso rilevante non solo dal punto di vista giudiziario, ma anche politico-sociale, dato che interessano politici di rilievo) che nel corso del loro svolgimento, avrebbero dovuto confrontarsi con ostacoli insidiosi che hanno minato il loro percorso.
Le pen-drive del pugliese
In merito alla pen drive con le presunte notizie dell’indagine su Zannini, gli inquirenti ipotizzano che sia stata proposta da un pugliese, ora pensionato, ma fino a qualche anno fa in servizio presso la Provincia di Foggia, all’imprenditore mondragonese Alfredo Campoli, compare di nozze di Zannini. Il pugliese, terminato il suo impegno da dipendente pubblico, si è tuffato nel mondo dei rifiuti e avrebbe allacciato rapporti con l’uomo d’affari del Litorale proprio quando quest’ultimo ha deciso di misurarsi con il business dell’igiene urbana con la sua Columbus Edil Gest.
Sono stati resi noti dai carabinieri del Nucleo investigativo di Aversa e di Caserta solo due contatti, per ora, tra i due: uno in un’area di servizio e un altro al Zanzibar (locale che si trova a Mondragone). E qui il pugliese avrebbe offerto i documenti atti a mettere in guardia Zannini.
A quanto pare, ci sarebbero altri elementi raccolti dai militari che portano a ritenere che l’ex dipendente della Provincia di Foggia si presentasse come un soggetto connesso ai servizi segreti. Se così fosse, per quale ragione una persona che avrebbe a che fare con gli apparati di sicurezza cercherebbe di ingraziarsi Zannini attraverso il suo compare di nozze? Se non mosso da interessi economici, dando per buona l’idea che abbia agito per conto di altri, magari avrebbe tentato di crearsi un link con il mondragonese perché significava avere contatti con un politico vicinissimo al governatore della Campania, o, altro aspetto, significava avere una porta d’accesso a un territorio, su cui quel politico elettoralmente dominava e sul quale all’orizzonte ci sono la costruzione di due opere strategiche (il porto turistico a Castelvolturno e l’hub commerciale a Grazzanise di cui si è iniziato a parlare ormai da oltre un anno). Solo ipotesi. L’inchiesta, che è ancora in corso, proverà a far chiarezza su questi aspetti. E tra gli elementi che avrà per farlo ci sono proprio le pen drive sequestrate a casa del pugliese nel corso della perquisizione del 3 ottobre scorso. I militari dell’Arma, oltre a recarsi presso abitazioni e uffici di Zannini e Campoli, accusati di corruzione, bussarono pure alla porta del foggiano e hanno trovato vari dispositivi. Uno di loro conterebbe il materiale top secret.
La presunta talpa in Procura
Il passaggio di informazioni a Magliocca, invece, si innesta, ipotizza la Procura, su un solido rapporto di frequentazione che proprio Magliocca ha con l’imprenditore Mattia Parente (da dicembre 2023 assessore a Grazzanise). Una relazione che, secondo gli inquirenti, interesserebbe pure la Parente Service, la società gestita dalla famiglia di Mattia Parente che avrebbe avuto appalti dal Comune di Pignataro, guidato sempre da Magliocca, dal 2018 al 2023. L’ex numero uno della Provincia, stando alla tesi della Procura di S. Maria C.V., sapeva che era indagato dal 31 ottobre dell’anno scorso (a seguito di un incontro da lui avuto a Grazzanise con Parente). E la scorsa settimana la Procura ha deciso di procedere alle perquisizioni di alcuni dei soggetti coinvolti nell’indagine a suo carico per prelevare telefonini, documenti e pc.
Punti di svolta
Le perquisizioni sono dei turning point: si concretizzano quando l’indagine è a un punto di svolta. Con quelle disposte in relazione alle inchieste, tra loro connesse, su Zannini e Magliocca, la Procura di S. Maria Capua Vetere ha di fatto reso noto ai due politici che sono sotto la lente (circostanza che, in realtà, per motivi diversi, entrambi, a quanto pare, già sapevano). Ma nel farlo, logicamente, non rivelano tutto ciò che hanno in mano. Prima di arrivare alla conclusione dell’indagine o a un’eventuale richiesta di misura cautelare, si procede a una discovery degli atti molto accorta.
Insomma, quello che finora si è scritto e detto sulle inchieste che coinvolgono il deluchiano Zannini e Magliocca sarebbe solo una parte di quello che è in possesso ai pm Urbano e Cozzolino. Logicamente, quelle della Procura, sono tesi che dovranno essere vagliate nel corso (se mai dovessero esserci) di eventuali processi. E chi è ora sotto indagine è, logicamente, da considerare innocente fino a sentenza di condanna irrevocabile.
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