Caserta. Truffa con i fondi per i richiedenti asilo, in 17 sotto inchiesta

CASERTA – Accogliere chi è in difficoltà: un principio nobile e oneroso che l’Italia, almeno nella sua più recente storia, ha scelto di seguire con costanza. L’intenzione, però, è solo metà dell’opera. L’altra parte, probabilmente la più importante (e la più complessa), riguarda il modo con cui si concretizza questo principio. E quello adottato a Caserta, tra settembre 2016 e dicembre 2019, dall’Ats (ovvero un’associazione temporanea di scopo) composta dal Comitato del Centro Sociale di Caserta (Ex Canapificio) e dalla Congregazione Suore Orsoline – Scm Comunità Rut di Caserta (Casa Rut), per la Procura di S. Maria Capua Vetere, è stato errato e illegale, circostanza che l’ha spinta a mettere sotto indagine 17 persone con l’accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.

Procediamo con ordine. L’Italia, che apre le sue braccia agli stranieri bisognosi di protezione (perché in pericolo nei loro Paesi di origine), destina, per accoglierli, svariati milioni di euro a un fondo ad hoc, gestito dal Viminale, allestito per sostenere le spese che comporta questa accoglienza: è chiamato Fondo nazionale per le Politiche e i servizi dell’asilo (Fnpsa). Gli enti territoriali hanno la possibilità di accedere a tali finanziamenti dicendosi pronti a concretizzare dei progetti per ospitare i richiedenti asilo. Non lo fanno da soli, ma avvalendosi del sostegno delle realtà del ‘terzo settore’. E così prende vita l’ormai noto Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar).

La procedura

Questo appena tracciato è il quadro in cui si muovono i protagonisti dell’inchiesta, condotta dai carabinieri di Caserta, sull’uso, per la Procura irregolare, dei fondi per gli immigrati (circa 6 milioni di euro) andato in scena nel capoluogo di provincia di Caserta.
Ma questa storia, finita sotto la lente degli inquirenti sammaritani, quando inizia? Il 20 ottobre 2016, con una delibera della giunta di Caserta che dà l’ok a una procedura per provare a ottenere i finanziamenti dal Fnpsa per garantire sul suo territorio i servizi di accoglienza integrata dello Sprar. Lo fa, Caserta, anche in qualità di Ente capofila dell’Ambito territoriale C01 (che conta al suo interno Casagiove, San Nicola la Strada e Castel Morrone).

Il ministero dell’Interno esamina le carte e accoglie la richiesta. Il passo successivo che viene compiuto, nel dicembre del 2016, è pubblicare un avviso per individuare i soggetti del terzo settore che dovranno gestire il progetto Sprar sul territorio. Insomma, una procedura di gara alla quale, però, c’è un solo partecipante. Chi è? L’Ats costituita dal Comitato per il Centro Sociale di Caserta, come capofila, e dalla Congregazione Suore Orsoline SCM – Comunità Rut di Caserta.

Ad aprile 2017 viene siglata la convenzione tra il Comune e l’Ats. Ma l’aggiudicazione, sostiene l’accusa, non è stata regolare. Gli inquisiti, con ruoli diversi, avrebbero indotto in errore, con artifizi e raggiri, prima la Commissione di valutazione del Viminale per ottenere l’accoglimento della domanda di finanziamento del progetto per il triennio 2017-2019 e poi il Servizio centrale Sprar per ottenere la liquidazione del finanziamento secondo precisi scaglioni sulla base, ha ricostruito la Procura, di una falsa rendicontazione periodica.
Queste condotte avrebbero permesso agli indagati di incassare un’ingente somma di denaro che veniva riportata falsamente come spesa nella rendicontazione di quanto sborsato per il servizio di accoglienza dei richiedenti asilo.

Gli indagati

Chi sono i 17 che, secondo l’accusa, avrebbero preso parte al raggiro? Matteo Palmisani, 68enne di San Nicola La Strada, responsabile del procedimento per il Comune di Caserta del progetto Sprar; Fabio Basile, 54enne di Caserta, legale rappresentante dell’Ats e presidente del Centro sociale; Rita Giaretta, 68enne di Roma, legale rappresentante della Congregazione Suore Orsoline e membro dell’Ats; Michelina Bruno, 60enne di Forino; Bruno D’Agostino, 63enne di Pozzuoli; e Pietro Losco, 53enne di Caserta, revisori dell’Ats Progetto Sprar 2017-2019; Massimo Cocciardo, 54enne di Casapulla; e Claudia Campolattano, 35enne di Maddaloni, addetti alla rendicontazione; Giovanni Paolo Mosca, 32enne di Maddaloni, cassiere; Immacolata D’Amico, 47enne di Caserta, coordinatrice del progetto; Domenica D’Amico, 48enne di Caserta; e Vincenzo Fiano, 38enne di Caserta, responsabili dei rapporti con la politica dell’Ats; Federica Maria Crovella, 34enne, responsabile delle strutture alloggiative del progetto; Virginia Anna Crovella, 35enne, coordinatrice dei corsi di formazione e di istruzione, nonché presidente dell’associazione Caserta Città Viva, entrambe del capoluogo di provincia; Andrea Bartoli, 40enne di Milano, addetto nell’Ats agli alloggi e ai corsi di istruzione dei beneficiari del progetto; Gian Luca Castaldi, 45enne di Caserta, rappresentante della Caritas diocesana di Caserta; e Riccardo Russo, 42enne di Roma, del Servizio centrale Sprar di Fondazione Cittalia.

Zero controlli sui conti e convenzioni illegali

Bisognava controllare, ma Matteo Palmisani, sostiene la Procura di S Maria Capua Vetere, che era deputato a farlo, non avrebbe eseguito alcun check sulle attività di gestione svolte dall’Ats. Ed invece le criticità del progetto, a detta degli inquirenti, sarebbero state svariate, come la presenza di alcuni uffici usati, situati nell’ex Canapificio di Caserta, in condizioni igienico-sanitarie pessime, circostanza che venne certificata il 6 febbraio 2019 dall’Asl. Altro problema non segnalato: il progetto prevedeva, su carta, l’assegnazione di 200 posti, per i quali l’Ats si era aggiudicata i relativi finanziamenti, ed invece erano solo 126 i migranti inclusi nel progetto, oltre ad altri 14 non inseriti nello Sprar, per un totale di 140 extracomunitari identificati. Insomma, il numero era nettamente inferiore ai 200 previsti. Nella proposta che aveva ottenuto i fondi, erano stati segnati, inoltre, 24 alloggi come immediatamente disponibili ed invece soltanto 14 ne risultavano posseduti e per i quali era stata dichiarata una capacità ricettiva di complessivi 136.

Altra violazione non riscontrata, affermano gli inquirenti, il fatto che tra gli alloggi dei migranti ce ne fossero alcuni a San Nicola la Strada e per tale ragione inutilizzabili, in teoria, perché ‘violavano’ il luogo di esecuzione del progetto.
Passando alle ipotizzate responsabilità degli altri indagati, ai revisori Bruno, D’Agostino e Losco, viene contestato il non aver effettuato le verifiche contabili, non rilevando 1.179.397 euro come spese inammissibili. I tre, secondo il pm, avrebbero agito anche in conflitto di interesse perché erano già revisori del bilancio del Comune di Caserta.

Basile, invece, in qualità di presidente del Comitato Centro Sociale, avrebbe intascato 46.800 euro non dovuti. A cosa risale questa cifra? Ha sottoscritto con l’Ats una convenzione affinché il suo studio commerciale controllasse la rendicontazione nel 2017 e nel 2018 da sottoporre poi al controllo del collegio dei revisori. Ruolo che cozzava, dice la Procura, con il suo essere presidente dell’associazione Comitato per il Centro Sociale. Ancora Basile e Giovanni Paolo Mosca, stando a quanto documentato dalla Procura, avrebbero costretto due dipendenti a restituire parte del loro stipendio per 65.634 euro.

L’indagine sarebbe riuscita pure a tracciare l’incasso di contributi per spese ritenute non spettanti per un totale di 140.785 euro. L’Ats come riusciva ad ottenerli? Classificandole come spese per vitto e abbigliamento necessari agli ospiti, per la loro salute o come pocket money (la diaria data direttamente ai rifugiati e richiedenti asilo), e ancora come consulenze occasionali (interpreti e mediazioni culturali), come spese di carburanti e gestione degli uffici di supporto alle attività del progetto. In totale, gli inquirenti sostengono che siano stati incassati dall’Ats indebitamente 242.220 euro non corrispondenti alla reale rendicontazione, creando un danno al ministero dell’Interno che li elargiva.

Il pm Anna Ida Capone, titolare dell’indagine sulla gestione dei fondi per l’accoglienza dei richiedenti asilo, ha dichiarato conclusa l’attività investigativa e ora valuterà se chiedere o meno il rinvio a giudizio.
Logicamente i 17 inquisiti sono da considerare innocenti fino a un’eventuale sentenza di condanna irrevocabile

Dipendenti obbligati a restituire parte dello stipendio

Non solo truffa. A due dei 17 indagati il pm Anna Ida Capone contesta anche il reato di estorsione. Chi sono? Fabio Basile e Giovanni Paolo Mosca. Il primo, in qualità di presidente dell’associazione Comitato per il Centro Sociale di Caserta, e il secondo, in veste di cassiere della stessa associazione, avrebbero minacciato di licenziamento due ghanesi, dipendenti del Centro Sociale (assunti con contratto a tempo indeterminato). Se non avessero assecondato la loro richiesta di restituire, mensilmente, parte della loro retribuzione eccedente di 800 euro mensili a testa, sarebbero stati cacciati.

In questo modo, dice la Procura, avrebbero costretto i due a versare illegittimamente 65.634 euro, somme che venivano così illegittimamente incassate, causando un danno ai due lavoratori. Tale vicenda si sarebbe verificata tra gennaio 2017 e maggio 2018.
A Matteo Palmisani, Rup per il Comune di Caserta del progetto Sprar, a Michelina Bruno, Bruno D’Agostino e Pietro Losco, componenti dell’Ats e in qualità di revisori indipendenti del progetto Sprar, la Procura contesta anche il reato di falso. I quattro, stando a quanto sostenuto dagli inquirenti, al fine di ottenere i finanziamenti ministeriali relativi all’attuazione del piano di accoglienza dei richiedenti asilo, avrebbero attestato falsamente la regolarità di tutti i dati della documentazione contabile a corredo delle rendicontazioni dal 2018 al 2019, inducendo così in errore la direzione Sprar del Viminale, che ne aveva determinato la liquidazione delle relative tranches di finanziamento per un importo complessivo di oltre 6 milioni di euro.

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