ROMA – Sergio Brugiatelli è morto, stroncato il 26 settembre da una grave malattia. Era uno dei testimoni chiave del caso Cerciello, spesso finito al centro di ricostruzioni mediatiche che hanno raccontato un’altra storia rispetto a quella del processo.
Anche per questo la famiglia Brugiatelli chiede, che almeno della sua morte, non si scrivano falsità.
“Contrariamente a quanto diffuso da alcuni media, Sergio Brugiatelli non è stato trovato morto in casa – chiarisce il legale della famiglia, Andrea Volpini -, ma è deceduto in una clinica privata dove era ricoverato da qualche tempo per una grave forma di tumore che lo aveva colpito mesi fa”.
La famiglia chiede rispetto per il proprio dolore e si dice pronta procedere per vie legali contro presenti e future false ricostruzioni, fa sapere il legale. “Quanto scritto oggi, da alcuni giornali, aggiunge dolore al dolore infinito per la morte di mio fratello – dice Loredana Brugiatelli, sorella di Sergio, contattata da LaPresse -. E torno a leggere falsità su di lui, proprio come quelle scritte da troppa stampa dopo l’omicidio”.
L’omicidio di Mario Cerciello Rega risale alla notte del 26 luglio 2019: dopo un tentato acquisto di droga, non andato a buon fine, i due ventenni americani Finnegan Lee Elder e Gabriel Christian Natale Hjorth rubarono lo zaino di Brugiatelli, che aveva indicato loro il pusher. Brugiatelli chiese aiuto al 112, e Cerciello con un collega venne inviato in soccorso per fermare la tentata estorsione dei due giovani, che pretendevano 100 euro e della cocaina, per restituire il maltolto. Quando i militari cercarono di bloccarli, Elder reagì colpendo Cerciello con 11 coltellate, prima di darsi alla fuga con l’amico.
La mattina dopo, Elder e Hjorth vennero fermati in un albergo del quartiere Prati di Roma, poco distante dal luogo dell’omicidio. Erano pronti a lasciare l’Italia e avevano nascosto in un controsoffitto il coltello, con lama da 18 centimetri, usato nell’agguato, che Elder aveva portato dagli Stati Uniti.
Nel maggio scorso la sentenza di primo grado, con la condanna all’ergastolo per i due aggressori.
Di Alessandra Lemme