ROMA (LaPresse) – Caso Cucchi, il pm: “Le bugie sono iniziate subito dopo il pestaggio”. “Questa storia è costellata di falsi iniziati subito dopo il pestaggio e proseguiti in modo ossessivo dopo la morte di Cucchi”. Così il pm Giovanni Musarò parla nel processo sulla morte di Stefano Cucchi. Dei recenti sviluppi dell’indagine nata dalle dichiarazioni fatte in aula dal carabiniere Francesco Di Sano.
Dalle verifiche svolte dalla procura “emerge la conferma inequivocabile che quanto riferito da Di Sano è vero e la modifica della relazione (da lui fatta dopo la morte di Cucchi ndr) è stata di fatto l’esecuzione di un ordine veicolato dal comandante di stazione. Che a sua volta aveva ricevuto ordine dal comandante di compagnia. Che aveva ricevuto ordine dal gruppo”.
Caso Cucchi, le dichiarazioni del pubblico ministero Giovanni Musarò
“L’indagine dà uno spaccato di cosa accadeva in quei giorni in alcuni uffici romani. E del clima che si respirava e aiuta a comprendere come sia stato possibile far sparire una annotazione sul caso. E perché in nove anni nessuno ne abbia parlato”, prosegue Musarò.
“Questo si è tradotto nell’indirizzare in maniera scientifica le prove verso persone che non avevano alcuna responsabilità – conclude -. Che sono finite a processo fino in Cassazione e oggi sono qui come parti civili”.
Ecco chi è stato già interrogato
Nei giorni scorsi gli inquirenti hanno interrogato Di Sano e il comandante della stazione Tor Sapienza e ne hanno perquisito le abitazioni. Sentiti come testimoni anche quattro carabinieri. Colleghi degli indagati tra i quali Gianluca Colicchio. Anche lui in aula aveva evidenziato nei mesi scorsi anomalie contenute in una relazione di servizio sull’arresto di Cucchi da lui preparata.
Il 18 ottobre, gli inquirenti hanno interrogato per oltre sette ore il luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stazione Tor Sapienza e indagato per falso ideologico nello stesso filone di inchiesta, legato alle presunte false ricostruzioni riportate sulla vicenda in alcune relazioni ufficiali dell’Arma.
Gli inquirenti cercano di dipanare la matassa delle presunte bugie
Mentre va avanti davanti alla prima Corte d’Assise il processo a cinque carabinieri, tre dei quali accusati di omicidio preterintenzionale, gli inquirenti cercano di dipanare la matassa delle presunte bugie dette sulla vicenda da alcuni esponenti dell’Arma e la catena di comando che ha portato a quelle falsità.
Sono cinque i militari alla sbarra nel processo nato dall’inchiesta bis sulla morte di Cucchi: Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro, Francesco Tedesco, rispondono di omicidio preterintenzionale. Tedesco risponde anche di falso nella compilazione del verbale di arresto di Cucchi e calunnia insieme al maresciallo Roberto Mandolini, all’epoca dei fatti a capo della stazione Appia, dove venne eseguito l’arresto. Vincenzo Nicolardi, anche lui carabiniere, è accusato di calunnia con gli altri due, nei confronti degli agenti di polizia penitenziaria che vennero accusati nel corso della prima inchiesta sul caso.