ROMA – La federazione “è una buona idea”, mentre il partito unico del centrodestra “implica più rischi che vantaggi”. E comunque queste discussioni “non appassionano gli italiani”. A dirlo, in un’intervista al Corriere della Sera, è la leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni. “L’idea di una federazione fra i partiti che sostengono il governo la trovo intelligente, serve a difendersi dall’aggressione della sinistra che pretende di imporre le proprie politiche in maggioranza. Mi sembra utile un maggior coordinamento, aiuta il lavoro”, spiega Meloni, che però aggiunge: “Noi siamo all’opposizione, e avevamo proposto un intergruppo parlamentare. Credo ancora che potrebbe essere utile parlarsi anche da posizioni diverse, perché noi possiamo fare ‘l’ariete’ non avendo il vincolo di fedeltà che lega i partiti di maggioranza. Sul coprifuoco, ricordo, siamo stati noi con il nostro ordine del giorno a consentire il cambiamento”.
La leader di FdI non vede di buon occhio l’idea del partito unico: “Ho sempre pensato che le specificità di ogni partito siano la forza del centrodestra. Rappresentiamo più del 50% degli elettori: omologare tutto ci farebbe perdere più di quanto potremmo guadagnare. Io ho vissuto l’esperienza del Pdl: dopo lo slancio iniziale, riuscire a conciliare le diverse identità ha portato a scontri e a mediazioni poco efficaci. Il partito unico ha più rischi che vantaggi”.
Meloni non ha sentito Berlusconi, “no, non in questi giorni. Conosco la sua idea, è da sempre un grande federatore e lo apprezzo anche per questo. Ma mi sento di consigliare a tutti prudenza in questo dibattito, che agli italiani – alle prese con l’uscita dalla pandemia, la disoccupazione, la povertà, la crisi di molte imprese – può apparire lunare. Come ci organizzeremo non è l’interesse primario degli italiani. Lo è quello che faremo”.
Sulla sua posizione di opposizione, Meloni sottolinea: “Sento dire spesso: ‘Meloni lucra sul suo stare all’opposizione’. Quando decidemmo di restare soli però in tanti prevedevano una nostra sparizione. Ed era davvero un’ipotesi in campo. Ma è stata una scelta per convinzione, non per convenienza. Il che non significa non lavorare per la coalizione. Lo si vede dalle decisioni sulle Amministrative: avremmo potuto chiedere un candidato di partito a Roma, abbiamo scelto insieme un civico che è il migliore su cui si poteva puntare. E sempre nell’unità”.
Sui sondaggi, che danno il suo partito al 20%, la leader di FdI dice che non se lo aspettava: “Forse no, ma ho sempre detto che sarebbe stato più facile passare dal 5% al 15% che dal 3 al 5. Sono 10 anni che esiste FdI, stiamo raccogliendo i frutti di un grande lavoro. Ci sono stati momenti in cui ho pensato: ho fatto la scelta giusta? Lavoravamo, ma i risultati non si vedevano. Poi piano piano siamo cresciuti e gli italiani, che scelgono sempre un voto utile, dalla simpatia sono passati alla decisione: questo partito mi piace, è serio, lo voto. E crescere è diventato più facile”.
Infine, il nodo della leadership del centrodestra: “Davvero è un tema che non mi interessa. Abbiamo regole per cui chi prende più voti diventa premier, se si vince. Ma non c’è chi impone la sua linea, chi fa il capo, chi decide per tutti. Lavoriamo e scegliamo insieme, come si vede alle Amministrative”.
(LaPresse)