NAPOLI – Tentano di rubargli l’auto, allontana i ladri ma non denuncia e chiede aiuto al clan Abbinante per i danni sulla vettura. L’intervento del clan a seguito di un tentato furto su auto. Raffaele Abbinante si mette a disposizione, rintraccia i ladri e spunta 300 euro. Il derubato voleva di più. Dopo poco si viene a sapere che proprio l’uomo che aveva coinvolto la cosca del rione Monterosa aveva ottenuto 500 euro come premio assicurativo. Il clan se n’è accorto e gli ha intimato consegnare parte del premio assicurativo. E’ tutto nero su bianco all’interno di un’informativa allegata all’ultimo provvedimento che ha interessato l’organizzazione criminale di Scampia. La vicenda è stata ricostruita attraverso un dialogo intercettato. Erano circa le 14 e 30. La conversazione intercorre tra Raffaele Abbinante jr, Paolo Ciprio e tale Arcangelo che gli inquirenti identificano in Arcangelo Abbinante, figlio di Guido.
La vicenda permette di cogliere aspetti di assoluto valore riguardo le dinamiche che riguardano il controllo del territorio e l’esercizio della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo. L’occasione era fornita dal tentato furto d’auto avvenuto all’interno del rione Ises di Scampia, zona questa che ricade sotto il controllo del clan, ai danni di una persona estranea al contesto criminale. L’uomo aveva sorpreso i ladri mentre compivano il furto, tuttavia anziché denunciarli li invitò ad allontanarsi. Cosa che fecero. Il tentato furto aveva comunque provocato danni all’auto. A quel punto il proprietario, anziché denunciare l’accaduto alle forze di polizia, chiese al gruppo malavitoso di individuare i ladri e farsi risarcire. Raffaele Abbinante ricostruiva la vicenda e non mancava di compiacersi per la scelta della vittima di non denunciare i ladri, “si mise a disposizione” e si adoperò per trovare i responsabili, dai quali ottenne il denaro necessario alla riparazione dell’auto, anche se in misura ridotta rispetto all’iniziale richiesta della vittima.
Per tale opera il boss non chiese alcun compenso. “I compagni nostri dissero: ‘senti togliamo il casino, ti possiamo dare trecento euro? Acchiapparono il guaglione e dissero: ‘senti ti vogliono dare solo trecento… ‘Si, tutto a posto’”. Poi il racconto va avanti. “Passarono quattro, cinque mesi… Noi prendiamo le trecento da mano a questi qua e gliele diamo”. In un momento successivo, Raffaele Abbinante apprese che la vittima, oltre al corrispettivo ricevuto per sua intercessione dai ladri aveva riscosso anche il premio assicurativo per lo stesso danno, cosa che a suo giudizio costituiva una violazione degli accordi, una sorta di truffa. Perciò impose alla vittima di versare nelle casse del clan parte del premio riscosso. Tutto finito? Niente affatto. Il cittadino tentò di evitare di pagare rivolgendosi a componenti dell’organizzazione di Melito, gli Amato-Pagano, alleati gli Abbinante.
Il boss Raffaele si risentì anche per il comportamento tenuto dagli alleati, a suo giudizio responsabili di non aver seguito le regole che governano questo tipo di dinamiche. “Lo avevo convocato per il tramite della vittima, che come detto era un bravo ragazzo”. Finito? Non ancora. Raffaele Abbinante, Paolo Ciprio e Arcangelo si recarono a casa della suocera dell’uomo. A bordo dell’auto monitorata e durante il tragitto di andata e ritorno tenevano un dialogo incentrato sull’argomento. In particolare fu Ciprio a illustrare prima e a descrivere poi i termini in cui si era rivolta alla donna che per la loro chiarezza non necessitano di alcun commento. Non sfugge agli inquirenti che Arcangelo teneva a puntualizzare di specificare al destinatario della richiesta da chi essa provenisse, ovvero “i compagni nel Monte Rosa”. “Dico, signora ditegli di portare 300 euro nel rione e chiudiamo l’argomento e ditegli di non venire proprio più. Ha detto: lo poi so che siete fratelli, Melito e cose. Io sono venuto per rispetto vostro perché è successo qua. Tengo i compagni di là di qua, è normale. Loro sono i fratelli nostri ma tu stai in casa nostra qua, è normale che dovevo venire da voi”.