CARBIS BAY (REGNO UNITO) – Con la Cina bisogna collaborare ma “bisogna essere franchi sulle cose che non convididiamo”. Al termine dei lavori del G7 in cui vince la mediazione sui rapporti con il colosso asiatico il premier Mario Draghi sintetizza in una linea di chiara diplomazia la posizione dell’Italia nei confronti della Cina, usando la stessa formula già adottata per definire i rapporti con la Turchia.
“Si è scritto tanto della nostra posizione, si è parlato di divisioni – dice alludendo alle notizie trapelate dallo staff statunitense il giorno precedente – io credo che il comunicato riflette la posizione nostra ma quella di tutti in particolare rispetto alla Cina in generale nei confronti di tutte le autocrazie, che usano la disinformazione, i social media, fermano gli aerei in volo, rapiscono, uccidono, non rispettano i diritti umani, usano il lavoro forzato”.
Una posizione che “non è particolarmente dura”, assicura sottolineando la vittoria della mediazione – su cui si erano schierati Italia, Germania e Ue – che ha depotenziato il pressing statunitense che chiedeva invece la linea dura nei confronti di Pechino. Per Draghi “bisogna cooperare, e bisogna competere. Nessuno disputa che la Cina debba essere una grande economia, quello che è stato messo in discussione sono i modi che utilizza, è una autocrazia che non aderisce alle regole multilaterali, non condivide la stessa visione del mondo che hanno le democrazie”. E dunque bisogna essere franchi “sulle cose che non condividiamo, l’ha detto bene Biden in una frase, il silenzio è complicità”.
Con il presidente Usa ieri si è tenuto un colloquio, il primo dell’era Draghi-Biden, “un ritrovarsi perché ci conosciamo già, è andato molto, molto bene, c’è stata ampia disponibilità a lavorare insieme, c’è un rapporto antico che andava semplicemente richiamato, non consolidato”. Sul tavolo i tanti dossier di politica estera di attualità, “abbiamo parlato di varie parti del mondo in cui la collaborazione con gli Stati Uniti può essere di aiuto, direi soprattutto per il ruolo che hanno gli Stati Uniti nelle Nazioni unite”.
Come il Nordafrica, e la Libia in particolare, dove l’Italia è molto attiva e ha diversi progetti ma “la prima esigenza è attuare il cessate il fuoco e quindi i mercenari siriani, i soldati russi e turchi vadano via dalla Libia, questa è la strada con cui la Libia può iniziare la ricostruzione del Paese data molto importante delle elezioni a dicembre può essere una linea di demarcazione dallo stato di caos”.(LaPresse)