Clan Contini, dalla gestione dell’ospedale S. Giovanni Bosco ai legami col Parco Verde di Caivano

In alto Ciro Aieta, Giuseppe Buccelli ed Eugenio Finizio, in basso Gennaro Manetta, Raffaele Schiano e Domenico Scutto
In alto Ciro Aieta, Giuseppe Buccelli ed Eugenio Finizio, in basso Gennaro Manetta, Raffaele Schiano e Domenico Scutto

Le mani del clan Contini, organizzazione criminale del cartello dell’Alleanza di Secondigliano, sull’ospedale San Giovanni Bosco, struttura di riferimento per un amplissimo bacino di utenza. E’ qui che i Contini gestivano le attività: gli interventi chirurgici, il pronto soccorso, il servizio di pompe funebri, il magazzino al quale avevano libero accesso. Un ospedale depredato da un clan che, scrive la gip Federica Colucci, “Gestiva il potere criminale” come se fossero “rappresentanti dell’Antistato”.

All’alba di ieri, i carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli, hanno arrestato 11 persone, con un blitz che ha colpito anche i vertici del clan Contini, egemone nell’area in cui ricade l’ospedale, e sequestrato quote di società legate all’organizzazione criminale. Al momento uno degli indagati, Gennaro Maietta, 47enne, destinatario di ordinanza di custodia cautelare in carcere ed ex consigliere della Terza Municipalità, risulta irreperibile. Ciro Aieta, 56enne, Carmine Botta, 65enne, Luca Botta, 28enne, Giuseppe Buccelli, 40enne, Gennaro De Luca, 61enne, Gaetano Esposito, 47enne, Eugenio Finizio, 38enne, Luigi Perrotta, 64enne, Raffaele Schiano, 26enne, Domenico Scutto, 36enne e Gennaro Maietta sono accusati a vario titolo di associazione di tipo mafioso e di trasferimento fraudolento di valori, commessi per agevolare il clan Contini e l’Alleanza di Secondigliano, attivo nei quartieri di San Giovanniello, di Borgo San Antonio Abate, di Ferrovia, Vasto-Arenaccia, Stadera-Poggioreale e Rione Amicizia.

L’ospedale era diventato la base in cui il clan teneva i propri summit, dove i Contini avevano stretto un ‘patto’ con i Mazzarella, storicamente clan rivale. Nel provvedimento, che ha fatto scattare il blitz all’alba, anche un episodio che testimonia il ‘legame’ con la camorra del Parco Verde di Caivano: nel luglio del 2018, esponenti dei Contini furono contattati in seguito a un incidente sull’autostrada per andare a Caivano, nel quale rimase ferita una donna, ricoverata in coma in terapia intensiva al San Giovanni Bosco.

A uno degli esponenti del vertice fu chiesto un occhio di riguardo per la ragazza ricoverata, imparentata con i clan del Parco Verde. Sarebbe stato in uno di questi incontri che uno degli arrestati spiegò, così come messo a verbale da un collaboratore di giustizia, che il clan Contini “comandava sull’ospedale”. Quando la donna vittima dell’incidente si risvegliò dal coma, in terapia intensiva entravano “anche in quattro o cinque mentre si entra uno alla volta”. Anche gli infermieri erano al corrente e lasciavano entrare le persone.

“Bastava dire che ‘appartenevamo’ alla ragazza del Parco Verde si mettevano a disposizione. Ci davano i camici ed entravamo”. E’ sulla base delle dichiarazioni dei pentiti, due in particolare, che gli inquirenti sono riusciti a costruire il grado di penetrazione del clan all’interno dell’ospedale. Una presenza già messa in luce con una indagine della procura di Napoli, diretta all’epoca da Giovanni Melillo, oggi a capo della Dda nazionale, che nel 2019 aveva portato all’arresto di oltre 120 persone.

Dalla nuova indagine, coordinata dalla sostituta procuratrice Rosa Volpe con le pm Alessandra Converso e Daniela Varone, è emerso che il clan gestiva anche interventi chirurgici. Tra questi, gli interventi “tipo il bypass gastrico”. “Noi interveniamo facendo scalare la fila simulando una situazione di urgenza che obbliga al ricovero”, senza necessità di alcuna prescrizione perché “l’unica prescrizione raccomandata sono i soldi”, si legge nelle dichiarazioni di un pentito rese agli inquirenti.

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