Clan dei Casalesi, duplice omicidio: ergastolo per Schiavone e Bidognetti

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Francesco Bidognetti e Francesco Schiavone

CASAL DI PRINCIPE – Si chiude un altro capitolo del lungo processo sul duplice omicidio di Nicola Martino e Raffaele Diana, uccisi il 10 luglio 1998 a San Cipriano d’Aversa nel pieno della faida di camorra seguita alla morte di Antonio Bardellino. La Corte d’assise d’appello di Napoli ha nuovamente condannato all’ergastolo i boss dei Casalesi Francesco Schiavone detto Cicciariello e Francesco Bidognetti, alias Cicciotto ’e mezzanotte. Il processo era tornato in secondo grado dopo l’annulla- mento con rinvio deciso dalla Cassazione il 15 luglio 2024, che aveva censurato la precedente sentenza d’appello per difetto di ‘motivazione rafforzata’ nel ribaltamento dell’assoluzione di primo grado. Per i giudici di legittimità, la Corte d’assise d’appello non si era confrontata in modo adeguato con il ragionamento assolutorio elaborato nel 2010 dalla Corte d’assise di Santa Maria Capua Vetere, che aveva assolto tutti gli imputati “per non aver commesso il fatto” ritenendo non sufficienti, né adeguatamente riscontrate, le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. In appello bis, il collegio partenopeo ha invece ritenuto provato il coinvolgimento dei due capi storici del clan.

Secondo la ricostruzione accolta dall’accusa, l’agguato di via Martiri – in cui morirono Martino e Diana e rimase nel mirino anche un terzo soggetto, scampato rifugiandosi in uno stabile – si inserisce nella strategia di eliminazione sistematica degli uomini considerati vicini alla fazione bardelliniana. Un tassello della guerra interna che, dopo l’omicidio di Bardellino in Brasile e quello del nipote Paride Salzillo a Casal di Principe, segnò l’ascesa definitiva della cosca poi conosciuta come clan dei Casalesi. La Corte ha attribuito a Schiavone il ruolo di mandante del duplice omicidio, mentre a Bidognetti viene riconosciuta la duplice veste di mandante ed esecutore materiale, in continuità con il precedente giudizio. Al centro del nuovo verdetto c’è ancora una volta il complesso mosaico di chiamate in correità e dichiarazioni dei pentiti: tra questi Giuseppe Quadrano, Dario De Simone, Luigi e Alfonso Diana, oltre all’ex boss Antonio Iovine, sentito solo in appello.

Proprio l’apporto congiunto di questi dichiaranti è stato utilizzato per superare i dubbi che, in primo grado, avevano portato all’assoluzione generale, compresa quella degli stessi imputati che avevano ammesso un ruolo nella vicenda. La Cassazione, nel 2024, aveva ritenuto, però, legittimo sul piano processuale il ricorso della Procura, ma aveva imposto ai giudici del rinvio di confrontarsi in modo puntuale con le numerose discrasie evidenziate dalla prima sentenza: divergenze sui ruoli dei singoli, sulle fasi preparatorie, sul luogo in cui i killer si rifugiarono dopo l’agguato, sulle modalità di fuga. Un lavoro di ‘ri-lettura’ del materiale probatorio che l’attuale sezione della Corte d’assise d’appello sostiene di aver compiuto, approdando nuovamente alla formula più grave. Resta invece fuori da questo nuovo giudizio Vincenzo Zagaria, per il quale la Cassazione aveva dichiarato inammissibile il ricorso per tardività, rendendo irrevocabile la condanna all’ergastolo già pronunciata nel 2022. Ora le motivazioni della nuova sentenza saranno decisive per capire se la vicenda approderà ancora una volta davanti alla Suprema corte. Nel collegio difensivo gli avvocati Pasquale Diana e Carlo De Stavola.

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