CASAL DI PRINCIPE – Villa Patrizi, sede romana di Rete ferroviaria italiana, per Nicola Schiavone era casa. Una recente indagine dei carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta, come ha ricordato ieri sera Report, la trasmissione in onda su Rai 3 condotta da Sigfrido Ranucci, ha accertato che l’imprenditore 67enne di origini casalesi, ma trasferitosi da decenni a Napoli, accedeva con frequenza alla struttura capitolina. Per la Dda di Napoli andava lì per curare i suoi affari: grazie ad alcuni dirigenti di Rfi (poi licenziati), che lo avrebbero aiutato in cambio di svariati suoi doni, sarebbe riuscito a far affidare numerosi appalti a ditte a lui riconducibili. E dietro lo schieramento di imprese che avrebbero fatto la fortuna di Schiavone c’era, sostengono gli investigatori, il clan dei Casalesi.
Nicola Schiavone, assessore alle Finanze della giunta di Casal di Principe guidata dal sindaco Francesco Schiavone (omonimo del boss), era già stato coinvolto in un’indagine per mafia che lo trascinò a processo: si tratta dell’operazione Spartacus, dalla quale però, come hanno ricordato i suoi legali, gli avvocati Umberto Del Basso De Caro e Giovanni Esposito Fariello, è stato assolto. A far ritenere alla Procura di Napoli che il legame con la cosca, invece, c’era ci hanno pensato nuovi elementi investigativi raccolti dopo la chiusura di quel procedimento. Tra loro spunta un’intercettazione nel carcere di Parma, dove Francesco Schiavone Sandokan, capoclan dei Casalesi, invitava una delle sue figlie, prossime al matrimonio, a rivolgersi proprio a Nicola per qualsiasi tipo di esigenza economica. A quella conversazione si aggiungono le dichiarazioni rese dal figlio del boss, Nicola, collaboratore di giustizia dal 2018, battezzato dall’omonimo imprenditore ed ex assessore. Il pentito (assistito dal legale Stefania Pacelli) ha parlato del suo padrino come di un faccendiere, un facilitatore (lo ha paragonato a Luigi Bisignani), e ha sostenuto che la sua crescita economica e sociale era legata agli aiuti che il papà Sandokan gli aveva fornito: “Ricordo che in occasione del mio matrimonio mi regalò 20mila euro in contanti”. Di lui ha parlato anche la moglie del capcolan, Giuseppina Nappa: “Nicola Schiavone usa il lievito madre che tanti anni fa ha preparato mio marito”.
L’inchiesta dei carabinieri, coordinata dai pm Antonello Ardituro e Graziella Arlomede ad aprile 2019 fece scattare numerose perquisizioni a Napoli e a Roma, nella sede di Rfi e negli uffici di alcuni dirigenti della società coinvolti nell’indagine: tra loro c’è Massimo Iorani, ex capo della Direzione acquisti, secondo gli inquirenti molto vicino all’imprenditore Schiavone che lo avrebbe aiutato nella carriera e in alcune circostanze anche ospitato in alberghi della costa campana. Nel registro degli inquisiti compaiono inoltre il 58enne Francesco Schiavone, fratello di Nicola, Piergiorgio Bellotti, Paolo Grassi e Giuseppe Russo, ex dirigente del Dipartimento Trasporti a Napoli.
Clan dei Casalesi e appalti delle Ferrovie, Schiavone e Nappa accusano l’ex assessore
Dietro la sua crescita economica e sociale ci sarebbero i soldi di Sandokan. Ad innescare l’indagine la frase intercettata in carcere de capoclan rivolta alla figlia: rivolgiti a Nicola per qualsiasi esigenza