Clan dei Casalesi, la morte di Mario Schiavone alla base delle liti sulla gestione dei terreni

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Francesco Sandokan Schiavone e Mario Schiavone

CASAL DI PRINCIPE – Casal di Principe, storica roccaforte della camorra casertana, ha vissuto momenti di grande instabilità nella gestione dei terreni riconducibili al clan dei Casalesi, in particolare a quelli gestiti da Sandokan, noto capoclan del territorio. La destabilizzazione è stata acuita dall’arresto prima e dalla morte poi di Mario Schiavone, cognato di Francesco Schiavone Sandokan, figura chiave nella gestione degli affari economici della cosca. Mario Schiavone, infatti, non era soltanto un parente del boss, ma un vero e proprio braccio operativo nella gestione dei terreni agricoli e nelle trattative con contadini e affittuari. La sua attività comprendeva sia la coltivazione diretta sia l’affitto dei terreni a terzi, garantendo così al clan un flusso costante di denaro e controllo sul territorio.

La sua morte, avvenuta in circostanze legate al contesto criminale locale, ha lasciato un vuoto operativo che il clan ha faticato a colmare. Il
primo vero intoppo per la gestione dei terreni si registrò nel 2004, anno della morte di Armando De Angelis, precedente gestore delle proprietà. Dopo il decesso, i terreni passarono in eredità prima alla moglie e successivamente al figlio Amedeo, ma la conduzione pratica e la supervisione delle attività agricole rimase affidata ad Antonio Schiavone. Quest’ultimo, con l’ausilio di altri membri della famiglia, tra cui soprattutto Mario Schiavone fino alla sua morte, si occupava di organizzare la coltivazione, coordinare i lavoratori e negoziare contratti di affitto.

L’importanza del ruolo di Antonio Schiavone e della sua rete familiare emerge chiaramente dalle indagini condotte dalle forze dell’ordine. Le
fonti dichiarative raccolte durante le operazioni investigative, insieme alle intercettazioni telefoniche e ai colloqui in carcere, confermano
come la gestione dei terreni non fosse un mero esercizio patrimoniale, ma un’attività strategica per il controllo economico e territoriale del clan. Le informazioni raccolte evidenziano come le proprietà agricole fossero non solo una fonte di guadagno, ma anche uno strumento di pressione sociale, in quanto il controllo dei terreni implicava rapporti diretti con contadini e piccoli imprenditori locali.

Il caso dei terreni gestiti dalla famiglia Schiavo- ne rappresenta un esempio lampante di come le attività economiche dei clan camorristici siano strettamente intrecciate al tessuto sociale del territorio. Non si trattava soltanto di affari illeciti, ma di un sistema complesso di gestione, eredità e controllo che, anche a seguito di eventi tragici come la morte di figure chiave, mostrava segni di fragilità e riorganizzazione interna. La morte di Mario Schiavone, in particolare, segnò un punto di svolta nella storia recente del clan. La perdita di un elemento centrale nella gestione quotidiana dei terreni costrinse la cosca a rivedere le strategie operative e a riorganizzare le figure di riferimento all’interno della famiglia, evidenziando quanto il legame tra potere criminale e gestione economica sia fragile e allo stesso tempo indispensabile per la sopravvivenza del clan.

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