Clan dei Casalesi. L’agguato fallito di Sandokan jr

Emanuele Libero Schiavone e Francesco Reccia
Emanuele Libero Schiavone e Francesco Reccia

CASAL DI PRINCIPE – Volevano colpire per primi. E ci avevano anche provato. Emanuele Libero Schiavone, 33enne, figlio dell’ex capoclan Francesco Sandokan, e Francesco Reccia, 21enne sanciprianese, il 6 giugno scorso, stando a quanto ricostruito dai carabinieri, avevano organizzato un agguato: erano intenzionati a ‘far male’ ad un esponente del gruppo rivale (collegato ai Bidognetti). Ma non ci sono riusciti. La vittima designata non era nel posto in cui avevano immaginato. E, probabilmente, proprio nel tentativo di eseguire l’agguato, Emanuele Libero sarebbe rimasto anche coinvolto in un incidente in moto. Infatti, i militari hanno accertato un suo ingresso, nella notte tra il 6 e 7 giugno, presso la clinica Pineta Grande, a Castelvolturno, dalla quale però si allontanò prima di essere visitato. Probabilmente non voleva farsi vedere sul Litorale e così si spostò al Moscati di Aversa, dove, invece, si fece curare dai medici che gli riscontrarono diverse ferite al volto e agli arti (giudicate guaribili in 25 giorni).

Se i carabinieri sono entrati in possesso di queste informazioni è anche grazie alle conversazioni tra Sandokan Jr. e Reccia registrate pochi minuti dopo la sparatoria in piazza Mercato e il raid di piombo contro il portone della casa di via Bologna. Dai loro commenti a quanto accaduto il 7 giugno, emerge che i due erano perfettamente a conoscenza dell’identità degli autori di quei gesti. Ed Emanuele Libero, preso atto di quanto avessero rischiato, arrabbiato, nel chiacchierare con il fidato Reccia è stato ascoltato mentre si lasciava andare ad un rassegnato: ‘Abbiamo sbagliato. Che dobbiamo fare’. Il riferimento, ipotizzano gli investigatori, è proprio all’insuccesso dell’azione militare che avevano preparato il giorno prima. Se avessero centrato il target, non sarebbero stati sotto attacco. Ma per Reccia non si trattava di un errore: ‘Non l’abbiamo trovato là, se no là lo rimanevamo (nel senso di ‘lo uccidevamo’, ndr)’. Nel prosieguo della chiacchierata è emerso che sospettavano anche la presenza di forze di polizia nel luogo dove erano intenzionati a colpire, allertate proprio da chi avrebbero dovuto eliminare.

Uno scenario, quindi, che per i carabinieri rende plausibile il fatto che la sparatoria in piazza Mercato e il successivo raid in via Bologna siano stati una reazione all’agguato fallito che avevano programmato Schiavone e Reccia.

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