Clan dei Casalesi. L’intercettazione che inguaia Maurizio Capoluongo: “Ha ucciso due ragazzi a Baia Verde”

Ammazzati davanti ad un bar perché avevano infastidito la fidanzata del boss

CASAL DI PRINCIPE – “Maurizio è come fosse Bardellino, la persona più seria del mondo”: era il 3 luglio 2020 quando Nicola Garofalo, alias Badoglio, ora 59enne, conversando con tale Giacomo, si lasciò andare nell’estrema celebrazione criminale di Capoluongo. Ignaro che i carabinieri del Nucleo investigativo di Caserta lo stessero ascoltando, Badoglio, originario di Frignano, diede prova di tutta la sua profonda conoscenza mafiosa. E parlando dei detenuti “più pericolosi” che aveva incontrato nelle varie carceri d’Italia, arrivò anche a raccontare di un presunto duplice omicidio che avrebbe commesso proprio Capoluongo, il suo “idolo”, ora 62enne, per il quale, però, non sarebbe mai stato incriminato.
“Trent’anni fa – disse Garofalo – comandava lui pure più di Bardellino. Si tolse di mezzo. Poi lo arrestarono. I pentiti lo hanno accusato. E’ un amico nostro. Io sono un suo fan. Tutti quanti. Tutta la mafia calabrese, siciliana, quella del Brenta… tutti sono suoi amici. Ciccio e Cicciotto (Francesco Schiavone e Francesco Bidognetti ndr.) vedono Maurizio come un Dio”.
Badoglio concluse la celebrazione criminale del 62enne con il racconto dell’agguato che lo avrebbe visto protagonista: “Trent’anni fa, a Baia Verde, stava con la fidanzata. Lui stava con Angelica, di Aversa. Due ragazzi fuori da un bar cominciarono a prenderla in giro. […] Stava seduto fuori ad un tavolo lui, la fidanzata e questi due ragazzi. Tirò fuori la 38 (la pistola, nd), portava sempre la Magnum, e li attaccò in faccia al muro…”. Giacomo chiese se avesse ucciso entrambi. “Si”, confermò Garofalo “Non l’ha mai pagato però… Non fu accusato da nessuno. Maurizio è una leggenda, è storia”.
Non è da escludere che il racconto di Badoglio possa essere caratterizzato da alcune menzogne o che sia completamente fuorviante. Tuttavia, rappresenterà o ha già rappresentato un punto di partenza per nuovi indagini dell’Antimafia. L’intercettazione è tra gli atti dell’inchiesta, coordinata dal pubblico ministero Graziella Arlomede, tesa a bloccare le attività criminali delle cosche Bidognetti e Schiavone. Questa attività lo scorso novembre è sfociata nell’arresto di 37 persone e tra loro c’è anche Garofalo: la sua conversazione con tale Giacomo per i militari dell’Arma contribuisce a dimostrare l’organicità al clan che gli viene contestata dalla Dda.
Capoluongo, è estraneo all’indagine che ha coinvolto il fignanese (e, logicamente, va considerato innocente fino a prova contraria anche rispetto all’ipotizzato delitto che gli viene addebitato nell’intercettazione). E’ stato però già stato condannato per mafia: per gli inquirenti si è fatto strada nel clan affiancando Antonio Bardellino. Successivamente si avvicinò agli Schiavone e infine, prima del suo arresto, alla cosca di Michele Zagaria. Ad assistere Capoluongo è l’avvocato Esposito Fariello.
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