Clan dei Casalesi. Stop ai colloqui tra Francesco Schiavone Sandokan e figlie

Il percorso di collaborazione con la giustizia intrapreso dal capoclan dei Casalesi al giro di boa

CASAL DI PRINCIPE – Se Francesco Schiavone Sandokan ha iniziato a collaborare con la giustizia, dopo aver trascorso in cella, al 41 bis, oltre 26 anni, è anche per i figli. E’ soprattutto per Emanuele Libero Schiavone. Se tutta la famiglia avesse continuato, senza tentennamenti, sulla strada della criminalità, con lui e Nicola Schiavone (il primogenito) fuori gioco, perché alle prese con gli ergastoli, sarebbe dovuto essere proprio Emanuele Libero, ora 33enne, a ricoprire il ruolo di leader.
Il fondatore del clan dei Casalesi ha iniziato a parlare con i magistrati sperando che questo percorso di mafia si arrestasse, che anche il resto della famiglia, che non aveva accettato nel 2018 e nel 2021 i programmi di protezione offerti dopo i pentimenti di Nicola e Walter, altro suo figlio, si decidesse finalmente a lasciare l’Agro aversano e dire addio alle logiche criminali. Così non è stato. Emanuele Libero e Ivanhoe sono rimasti a Casale e, almeno il primo dei due, stando a quanto ricostruito dai carabinieri, in attesa della scarcerazione dell’altro germano, Carmine, si è attivato per riorganizzare la cosca e lavorato per ingaggiare uno scontro con chi, prima del suo ritorno in libertà (datato 15 aprile scorso), aveva preso il controllo dello spaccio di droga e delle estorsioni (un gruppo legato ai Bidognetti).
Emanuele Libero Schiavone, da sabato scorso è tornato in cella (è a Secondigliano) con l’accusa di essersi armato per reagire ai raid di piombo in piazza Mercato e contro il portone della sua abitazione di via Bologna realizzati (il 7 giugno scorso) proprio da questi rivali.

Insomma, il pentimento di Sandokan, se aveva come obiettivo principale quello di fermare il figlio, ha fallito. E la Procura di Napoli sta valutando, ora, attentamente il peso di quanto riferito finora dal capoclan (attualità e veridicità delle informazioni date). Se quanto ha detto e dirà nei prossimi 3 mesi non convincerà i magistrati dell’Antimafia, il rapporto con il fondatore del clan potrebbe anche fermarsi (al momento è solo un’ipotesi).

L’iter di collaborazione con la giustizia intrapreso da Sandokan è al giro di boa. E’ in una fase cruciale. E un segnale che dimostra la delicatezza della situazione, è la decisione di interrompere i contatti, permessi fino a poco tempo fa, tra il boss con le due figlie e l’ex moglie, Giuseppe Nappa. E proprio la donna con cui ha avuto 6 figli, a breve testimonierà nel processo sulle presunte infiltrazioni del clan dei Casalesi, concretizzatesi, dice la Dda, attraverso Nicola Schiavone ‘o munaciello e Vincenzo Schiavone ‘o petillo, negli appalti di Rete Ferroviaria Italiana e nei lavori di scavo per installare reti elettriche e di telecomunicazione.

In questo processo dovrebbe essere interrogato anche Sandokan, ma se il suo ingresso da collaboratore è ancora in dubbio (la Procura sta prendendo tempo), l’intervento dell’ex consorte è stato già previsto e programmato dalla Procura.

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