Clan Schiavone, le aggressioni da parte di Sandokan jr prima degli spari contro il suo cancello

Il figlio del capoclan si sarebbe scontrato in piazza Villa con alcuni ragazzi e malmenato un commerciante. Dietro queste incursioni l’ombra della droga.

Emanuele Libero, Francesco "Sandokan" e Ivanhoe Schiavone
Emanuele Libero, Francesco "Sandokan" e Ivanhoe Schiavone

Deve scrollarsi di dosso la scelta del padre. Se vuole resistere nella malavita, se è realmente intenzionato a prendere in mano le redini di ciò che resta della cosca Schiavone, Emanuele Libero deve agire e scacciare l’immagine del genitore, fondatore del clan dei Casalesi, che ha ‘tradito’ iniziando a collaborare con la giustizia. E a quanto pare, purtroppo, si è già mosso proprio in questa direzione. Il rampollo di casa Sandokan, nelle scorse settimane, si sarebbe reso protagonista di svariate aggressioni.

Uno degli episodi si è consumato nella zona di piazza Villa, dove Emanuele Libero pare si sia scontrato con un altro giovanissimo. Prima ancora avrebbe avuto un alterco, sfociato in qualche ceffone, con un commerciante. Nell’elenco delle azioni violente spiccano pure altre sberle che avrebbe riservato ad un 30enne. Cosa c’è dietro queste azioni violente? Quasi tutte sarebbero legate alla droga. Chiariamo: non un tentativo di inserirsi nello smercio di narcotici, ma azioni repressive.

Sarebbe andato in escandescenza perché i soggetti con cui ha litigato farebbero uso di stupefacenti. Insomma, un tentativo di imporre la vecchia norma mafiosa che cercava di tenere la droga fuori dai confini della città. Parallelamente a questa finalità, agire con violenza in strada, provare a imporsi, per Emanuele Libero è stato il test per capire quanto ancora era ed è in grado di incidere, quanto ancora può fare ‘paura’.

La struttura criminale che c’era prima del suo arresto, cioè 12 anni fa, e anche quella degli ultimi anni, dopo l’inizio della collaborazione con la giustizia dei fratelli Nicola e Walter, è stata demolita dagli investigatori coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli. Se a questo indebolimento aggiungiamo la scelta del padre di parlare con i magistrati, il leaderismo che credeva di poter conservare si è oggettivamente mostrato leggero. Quindi, adesso, se non cambierà idea, cioè se, scioccamente, vorrà continuare a percorrere la strada del male, non solo sarà chiamato ad agire con forza per allontanare da sé l’ingombrante immagine del genitore ‘pentito’, ma deve anche rifondare. E in questa fase di ricostruzione appare debole.

Una debolezza cavalcata dal gruppo che, di fatto, desidera che Emanuele Libero lasci Casale, che si metta da parte. Da chi è composto? Dai bidognettiani. È probabile che siano stati loro a organizzare il raid di piombo, verosimilmente avvenuto poco prima di mezzanotte di venerdì, in via Bologna, contro il portone di casa Schiavone. E potrebbero essere stati loro i protagonisti della stesa in piazza Mercato – al grido di ‘Andate via, Casale è nostra’ – luogo caro proprio a Emanuele Libero.

A questi due episodi potrebbe essere collegata, ma al momento ci sono pochi elementi concreti, pure la sparatoria avvenuta nella notte tra lunedì e martedì in via Ovidio a San Cipriano d’Aversa. In quella strada abita la famiglia di Oreste Reccia, alias Recchia ‘e Lepre, storico esponente del clan dei Casalesi (tornato in prigione nel 2021).

Quest’ultimo si sarebbe legato a Emanuele Libero grazie a un periodo di detenzione comune trascorso in Sicilia. Ed ora, tra chi orbita intorno a Emanuele Libero, c’è proprio il figlio di Oreste, Francesco Reccia. Non è da escludere che Schiavone possa tentare di coinvolgere questo giovanissimo (la speranza è che non sia così e che, anche se lo fosse, il ragazzo dica di no) nella rifondazione della cosca.

Se questa tesi dovesse essere vera, allora la stesa a San Cipriano potrebbe essere un segnale indirizzato proprio alla famiglia Reccia. I bidognettiani, con quei proiettili esplosi in aria, avrebbero tentato di fare terra bruciata intorno a Sandokan Jr., provando a intimidire chi ancora gli è amico. Si tratta logicamente di letture di uno scenario criminale in grande confusione e pericoloso. Uno scenario, però, che è costantemente monitorato dai carabinieri, delegati dalla Dda a indagare su quanto sta accadendo.

Padre e fratelli pentiti, madre e sorelle via dal 2018. Ora anche Ivanhoe ha lasciato Casale: Emanuele è solo

CASAL DI PRINCIPE (Giuseppe Tallino) – Emanuele Libero Schiavone è solo. Il padre Francesco Sandokan e i fratelli Nicola e Walter sono diventati collaboratori di giustizia. Carmine Schiavone, altro suo germano, è ancora in cella. La madre, Giuseppina Nappa, e le sue due sorelle hanno lasciato l’Agro aversano nel 2018: le tre donne hanno accettarono subito il programma di protezione che venne offerto loro dopo la scelta di Nicola di ‘pentirsi’.
Quando Emanuele Libero si è messo il carcere alle spalle, lo scorso aprile, ad accoglierlo nella casa di via Bologna c’era solo il fratellino Ivanhoe, ma dopo i raid di piombo anche lui si sarebbe sfilato: a quanto pare ha lasciato l’abitazione paterna. Se deciderà di mettere radici altrove, fuori Casale, in pianta stabile o se sia solo una decisione temporanea, al momento non è dato saperlo. Di certo sono alcuni giorni che non è più in città.
Emanuele Libero, poco dopo la scarcerazione, aveva iniziato anche a convivere con una donna: una relazione nata durante la sua detenzione (si erano innamorati a colpi di lettere). Ma dopo poco la storia è naufragata e la giovane ha abbandonato via Bologna.

Ed ora, pure con Ivanhoe via, il rampollo di casa Sandokan è davvero solo. Se il padre Francesco Schiavone Sandokan, fondatore del clan dei Casalesi, ha iniziato a collaborare con la giustizia, è anche perché avrebbe ritenuto che con questa sua scelta, drastica, sarebbe riuscito a salvare proprio Emanuele Libero, che dagli ambienti mafiosi era ritenuto, dopo il pentimento di Nicola, il più incline a ricoprire il ruolo di leader del clan. Doveva essere l’erede mafioso. La strategia di Sandokan non ha funzionato: almeno per ora. Emanuele Libero è rimasto a Casale e, stando a quello che trapela, non avrebbe intenzione di troncare con le logiche mafiose. Una resistenza, la sua, non vista di buon occhio dalle frange bidognettiane. Una resistenza che chi ancora inneggia a Gianluca Bidognetti Nanà e al boss Cicciotto ‘e mezzanotte dà fastidio al punto da agire con violenza con l’obiettivo di scacciare Emanuele Libero dall’Agro aversano.

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