ROMA – Un taglio ai sussidi ai fossili potrebbe arrivare già da questa legge di Bilancio. La proposta l’ha fatta il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani, dopo averne parlato con il ministero dell’Economia. E pur essendo legata a numeri piccoli, che non avranno impatti sociali, è un modo per dare un segnale verso la direzione della decarbonizzazione dell’economia.
Un quadro – spiega Cingolani in audizione alle commissioni Ambiente del Parlamento dove fa presente che sulla prossima Cop in Egitto pesano le vicende Zaki e Regeni – che tiene insieme tre aspetti. Da un lato gli impegni internazionali legati all’accordo di Parigi e dall’altro quelli con l’Europa, soprattutto in vista del nuovo pacchetto clima e energia ‘Fit for 55’, che alza la soglia di abbattimento delle emissioni dal 40 al 55%.
A questo bisogna aggiungere l’attesa lista delle tecnologie ritenute sostenibili: ovvero la tassonomia Ue, per la quale è questione di ore, e in cui sembra andranno per finire anche nucleare e gas. Ma sul punto Cingolani – in audizione alle commissioni Ambiente del Parlamento – è chiaro: con la tassonomia l’Europa lascia libertà di scelta sul mix energetico indicando soltanto quello che sarà possibile fare perché ritenuto green, e non cosa bisognerà scegliere. Del resto il programma del ministro è scritto: “Fino al 2030 abbiamo chiaro cosa fare – osserva – elettrificazione e potenziamento delle rinnovabili. Non abbiamo altro. Non c’è un piano B”.
“In questa legge finanziaria ho proposto un emendemento” per un taglio dei sussidi ambientalmente dannosi – rileva Cingolani – “un piccolo numero, per dare un segnale, senza troppi impatti sociali. Spero sia possibile. Stiamo lavorando ad alcune proposte” che si muovono “sulla redistribuzione; una proposta con un gradiente per un phase out progressivo, studiato per non creare danno sociale”. Quanto alla tassonomia Ue “avremo libertà nell’energy mix, e una tabella sinottica che ci dirà quanto verdi sono le varie tecnologie. La tassonomia sarà aggiornata ogni anno”. Su gas e nucleare, il ministro chiarisce di non aver “mai detto ‘facciamo’ il nucleare” ma che secondo lui si deve guardare agli scenari internazionali (“ci sono investimenti in reattori di tipo modulare e su fusione”), alle nuove tecnologie e “studiare tutto”. Poi entra nel merito: “Il mio obiettivo è una strategia al 2030 che abbia il 72% di rinnovabili. Io non ho mai detto mettiamo centrali nucleari”.
Quanto al bilancio della Cop26 per Cingolani il mancato raggiungimento dei 100 miliardi per il Fondo sul clima per i Paesi più vulnerabili è il punto più debole del Patto di Glasgow; oltre a questo c’è anche un tema di “perdita di credibilità” di fronte ai Paesi in via di sviluppo, che questo si aspettavano da sei anni. Anche se ammette ci siano stati alcuni “buoni risultati”, in particolare sul processo “per accelerare l’ambizione su mitigazione, adattamento, perdite e danni, e finanza per il clima”.
Il ministro ricorda anche il via libera alla formula della Cop dei giovani voluta dall’Italia: “Da quest’anno organizzeremo lo ‘Youth for climate’ prima della Cop. Stiamo costruendo un accordo con le Nazioni Unite, e di costruire un format adeguato. Probabilmente l’anno prossimo lo faremo in Italia”. Ma avverte che sulla Cop27 in Egitto non possiamo “far finta di nulla” sulle vicende Zaki e Regeni: “Per me questo è un grosso problema”. Il ministro rispondeva a una domanda posta dalla deputata di FacciamoECO, e vicepresidente della commissione Ambiente alla Camera, Rossella Muroni: “Partecipare alla prossima Cop, la numero 27, in Egitto per noi deve essere un punto dirimente da porre” pensando al fatto che si tratta di “un Paese dove Zaki è in galera (oggi è arrivato dopo quasi due l’ordine di scarcerazione ma non l’assoluzione) e Regeni è un morto innocente”.
di Tommaso Tetro